UN'ALTRA AVVENTURA
6 Settembre
La Bretagna non finirà mai di stupirmi.
Ogni volta arrivo qui con la sensazione di aver già visto, assaggiato e assaporato tutto di questa terra, e invece ogni volta devo ricredermi.
Non so da quanti anni veniamo periodicamente qui. Per me è una tappa abituale che segna i momenti salienti della mia vita.
E’ una sorta di ritiro spirituale, un luogo dove mi sembra di entrare in una bolla spazio-temporale in cui chiudo i circuiti con l’esterno e mi ritrovo di fronte a me stessa e alla mia vita.
Una fermata ristoratrice e rigenerante. I rumori intorno a me sono attutiti, come se nulla potesse entrare nella “mia” bolla.
Il territorio di Carnac in particolare, sembra vivere un “suo” tempo peculiare. Si arriva qui stanchi morti per il lungo viaggio e per tutte le cose lasciate in sospeso a casa, tra lavori, progetti, attività.
Ma ben presto il “tempo di Bretagna” ha il sopravvento: una forza misteriosa ferma ogni aspettativa e residuo di corsa inerziale per lasciare posto solo ad una sorta di fluire, dove non c’è bisogno di fare assolutamente nulla ma rimane solo da lasciarsi andare senza opporre resistenza.
I giorni prendono a scorrere lenti, tutto rallenta, tutto ha un suo senso e insieme non ne ha alcuno.
Restare ore a guardare le onde dell’oceano che si infrangono sugli scogli della Côte Sauvage. Passare un tempo infinito a discutere con i Labs di fisica quantistica, universo olografico e ipotesi sul dopo-morte, seduti al nostro solito baruccio. Cadere addormentati sotto le stelle, cullati dall’aria dolce della Bretagna. Fare Kemò-vad nel vento e con il rumore del mare, o di notte tra i menhir. Gioire per la pioggia battente che canta sui vetri della mansarda. Il richiamo di Madre Terra si fa pressante e ci invita ai suoi ritmi e alla sua danza.
La nostra casetta bretone ha nel suo giardino un pozzo antico che esercita su di me un particolare richiamo. Nell’atmosfera incantata di questa terra, le fontane e i pozzi sembrano emanare una forza misteriosa, depositari di desideri e messaggi raccolti e custoditi nel tempo. Sembra di poter vedere i viandanti passati davanti a quei pozzi attraverso i millenni, ognuno con il suo fardello di aspettative, progetti, pene, desideri. I pozzi raccolgono e conservano tutto questo. Chissà quali messaggi contiene il nostro, lì nel giardino?
Il territorio di Carnac è considerato uno dei più salubri della Francia: bassissimo tasso di mortalità e di malattie. I Nativi americani definiscono “vortex” l’energia che pervade certi particolari punti del pianeta, territori considerati terapeutici. Luoghi dove si avverte una sensazione di benessere. Lo abbiamo potuto constatare in Arizona, a Tucson, così come in Scozia e in altri posti considerati sacri dai Nativi del posto. I druidi definivano questi vortex come i punti energetici di Gaia, il nostro pianeta. Se questa teoria è fondata, a Carnac deve esserci la presenza di un vortex, un vortice di energia terapeutica, energetica e allo stesso tempo rilassante. Probabilmente la presenza di migliaia di menhir e insediamenti megalitici c’entra con tutto questo. I megaliti, secondo i Nativi del posto, hanno diverse funzioni. Sono templi spirituali eretti dall’antico popolo che abitava queste zone migliaia di anni fa. Ma hanno anche una funzione terapeutica: attivano i punti energetici di Gaia come una sorta di agopuntura. Combinati insieme, creano un vortice di energia terapeutica e magica che i druidi sapevano indirizzare a molteplici scopi. Tutto questo, qui in Bretagna, è considerato normale: ancora oggi gli abitanti trovano naturalissimo andarsi a “curare” tra i menhir per ogni sorta di disturbi.
Il nostro interesse maggiore è rivolto proprio a loro, i megaliti. Ce ne sono a migliaia, e nella zona di Carnac esiste la maggior concentrazione.
Avendo alle spalle decine di escursioni tra i menhir del Morbihan, la regione di Carnac, venendo qui abbiamo la sensazione di averli già visti praticamente tutti. Ma ogni volta siamo smentiti. Capita che incappiamo in dolmen impressionanti, proprio sotto casa, dietro l’angolo. Come quello che abbiamo visitato nei giorni scorsi, antico di 6.000 anni, enorme, con più stanze comunicanti. Eccitati dalla scoperta, ci siamo messi sulle tracce di altri dolmen e tumulus ancora inesplorati. Ne abbiamo trovati molti altri, di dimensioni importanti, poco conosciuti e non compresi nei soliti itinerari turistici. Ogni volta è entusiasmante, perché ci sembra di metterci in contatto con chi li ha costruiti e con la cultura che attraverso di loro viene trasmessa.
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