sabato 24 aprile 2010

CELEBRATION OF INDIGENOUS IDENTITIES


I lavori all’ONU proseguono incalzanti, tra sessioni faticose e momenti di relax e di autentico divertimento. L’evento, ormai consolidato, “Celebration of Indigenous Identities”, organizzato ogni anno dal nostro amico Roberto Mucaro Borrero, presidente dei Taino, è uno dei momenti indimenticabili del Forum.
Tra danze e canti rituali e tradizionali si respira la gioia di stare insieme e di scoprire la propria identità comune. L’evento inizia ogni anno in maniera formale, con discorsi ufficiali delle alte cariche dell’ONU, ma rapidamente si trasforma in un vero e proprio happening, dove si canta, si balla e ci si mescola per il puro piacere di stare insieme e godere della reciproca fratellanza.
Quando si è accreditati all’ONU è facile trovarsi casualmente vicino persone normalmente inavvicinabili: rappresentanti di governi, alte cariche delle Nazioni Unite, Premi Nobel. Ma al Forum degli Indigenous Peoples capita anche di più: succede che con queste persone inavvicinabili ci si trovi a ballare insieme facendo il trenino. Alla festa di quest’anno mi sono trovata a ballare danze peruviane in mezzo a un nugolo di persone scatenate, tra cui il Premio Nobel Rigoberta Menchù, alti funzionari ONU, rappresentanti di governi e di nazioni indigene. C’è il piacere di lasciarsi andare e di uscire dal formalismo, e spesso capita che proprio in queste occasioni si trovino gli accordi più importanti.
Particolarmente toccante è stato l’incontro con la delegazione della Mongolia. C’è stato subito feeling ed è stato facile riconoscersi nelle comuni radici.
Intanto i lavori ufficiali proseguono, tra un item e l’altro. Come sempre, non viene minimamente rispettata la speakers list: io e Giancarlo siamo presenti in tre liste, ma anche se siamo tra i primi a dover parlare, stranamente non è mai il nostro turno. Potrebbe sembrare un boicottaggio, in realtà sono molti quelli che vengono saltati. Il presidente del Forum è sovrano nel scegliere gli oratori, e non si capisce bene che criterio usi. Questo crea ovviamente incertezza e malcontento tra gli esclusi, malcontento che gli altri anni sfociava anche in proteste violente. Ma al di là della lettura della declaration, il fatto importante è essere qui e aver depositato le nostre dichiarazioni, che a questo punto sono diventati atti ufficiali dell’ONU.
Tra le declaration depositate abbiamo inserito anche l’appello per Mount Graham, la montagna sacra degli Apache, con la precisa richiesta di togliere i telescopi dalla montagna. Ora la richiesta è ufficializzata. Siamo qui anche come rappresentanti della Apache Survival Coaliton e stiamo dando il nostro sostegno alla lotta in difesa della montagna sacra profanata dai telescopi del Vaticano e del governo italiano oltre che degli USA. Ho consegnato ufficialmente il nostro appello al rappresentante del governo degli Stati Uniti, raccomandandogli di farlo avere al Presidente Obama. Proprio ieri il rappresentante del governo degli USA ha fatto un discorso da parte di Obama in cui dichiarava che il presidente intende rispettare la Carta dei Diritti dei Popoli indigeni, le tradizioni e le terre sacre dei Nativi. Ci è sembrata una buona opportunità per metterlo al corrente (se mai gli fosse sfuggito) del “caso Mount Graham”.
Un'altra declaration depositata è quella in sostegno del Popolo Bassa, che vede la sua montagna sacra profanata dalla croce cristiana installata sulla sua sommità.
Le opportunità di dialogo che qui si presentano sono molte, e noi siamo sempre molto attenti a sfruttarle al massimo per onorare l’incarico e la fiducia che sono stati affidati a me e Giancarlo, nominati rappresentanti di sei comunità native di tutti i continenti.
La fiducia e il rispetto che si respira verso la Ecospirituality Foundation ci dà la misura del lavoro compiuto in questi anni. Le altre organizzazioni indigene ci cercano per chiederci aiuto a difendere i loro luoghi sacri e le loro tradizioni, ed è chiaro come questo ruolo ci venga riconosciuto e ci conferisca una peculiarità.
I discorsi ufficiali e le misure che i governi si impegnano a prendere per rispettare le tradizioni dei Nativi sembrano far trapelare che il mondo stia davvero cambiando.
Purtroppo c’è ancora moltissimo da fare, il mondo non si può cambiare da un momento all’altro. Ma noi abbiamo già iniziato.

mercoledì 21 aprile 2010

OPENING CEREMONY


I lavori del Forum on Indigenous Issues si sono aperti in maniera spettacolare.
Alla toccante preghiera del Capo Spirituale della Onondaga Nation, dedicata a Madre Terra, ha risposto una Haka dei Maori particolarmente emozionante. Quindi il Segretario Generale dell’ONU Ban Ki-Moon, per la prima volta presente fisicamente al Forum, ha inaugurato i lavori con il suo benvenuto. La cerimonia di apertura si è svolta nella Sala dell’Assemblea Generale, la più grande e importante delle Nazioni Unite di New York, la stessa sala dove si terranno i lavori del Forum.
Questo inizio celebrato con tutti gli onori fa capire quanta strada sia stata fatta. Non era mai successo che il Segretario Generale intervenisse di persona, né che i lavori si tenessero nella sala più prestigiosa. Molte cose sono cambiate, in questi ultimi anni. Prende sempre più corpo una identità comune e una unione spirituale che travalica le singole culture. Pian piano si è sviluppata una consapevolezza delle radici comuni e dell’importanza di capirne le origini. I Nativi di ogni continente, già propensi per loro formazione culturale a vivere in pace e a godersi la vita, stanno trovando in questo terreno comune il gusto di scoprirsi a vicenda, di confrontarsi, di scoprire la spiritualità che ci lega. Il lavoro che la Ecospirituality Foundation ha sviluppato in questi anni di frequentazione non è estraneo a questo processo. La Carta dei Diritti dei popoli Indigeni, approvata dall’ONU nel settembre 2007, porta in molti articoli la nostra impronta e molte delle idee per cui ci battiamo. E anche se è un lavoro sempre svolto discretamente, è impossibile non notare l’interesse che la Ecospirituality Foundation sta suscitando, anche solo per via del nome. Molti delegati nativi ci avvicinano per spiegarci i loro problemi relativi alla difesa delle loro tradizioni e delle loro terre sacre, e ci chiedono aiuto.
L’atmosfera generale è euforica. Dopo l’approvazione della Carta molte cose stanno cambiando, e ora anche le Nazioni (come la Nuova Zelanda) che si erano opposte all’approvazione, si affrettano a dare il loro sostegno ufficiale. Sono segnali che fanno capire quanto sia cambiato il peso politico dei Popoli naturali.
Da parte nostra, siamo euforici anche noi, pur se stanchi. I ritmi sono quelli che già conosciamo: lavori all’ONU, corse notturne a fare fotocopie (per fortuna il mitico Kinko’s è aperto 24/24), e tanto per non farci mancare nulla, sempre di notte lavoriamo al VideoBlog di ShanCommunityRadio (www.shancommunity.org). Tempo per cose banali come dormire e mangiare ne rimane poco, ma non ci lamentiamo di certo. Respiriamo l’elettrizzante atmosfera che si crea quando tanti nativi si trovano insieme, arrivati dai posti più sperduti della Terra. Giancarlo ha definito così questa esperienza: “è come essere al bar della nave Star Trek, ma senza la nave”. Concordo.

giovedì 15 aprile 2010

IN VIAGGIO VERSO GLI STATES: INIZIA L'AVVENTURA

Il grosso uccello sta volando sopra il grande mare portandoci nella sua pancia. Al momento giusto, dopo che sarà diventato buio e poi chiaro per 20 volte, il grosso uccello ci riporterà a casa.
E’ quello che ho spiegato a Michelle stamattina, mentre mi guardava preoccupata e ansiosa e cercava di trattenermi a casa. Questo è il mio modo di comunicare con lei e sembra che ci possiamo comprendere, visto che puntualmente viene incontro ad accogliermi al mio ritorno. Probabilmente pur appartenendo ad un’altra specie mi capirebbe benissimo anche se le parlassi in termini di aeronautica, distanze in miglia, velocità dell’aereo, programmazione del calendario. Ma lei è gentile e mi asseconda sempre, anche quando le parlo come un indiano nei film di cow boys.
Il Grosso Uccello porta in pancia cinque delegati della Ecospirituality Foundation. Io e Giancarlo, accompagnati da Vince, Luca e Maurizio, anche quest’anno parteciperemo al “Forum on Indigenous Issues” dell’ONU di New York che inizierà tra pochi giorni. E questa volta il nostro compito sarà ancora più arduo del solito, perché insieme alle battaglie che da tempo sosteniamo, come quelle degli Apache, dei Bretoni, dei Nativi del Camerun e degli Aborigeni, quest’anno porteremo all’ONU il caso dei Popoli autoctoni delle nostre terre.
La nostra presenza all’ONU avrà come obiettivo la difesa delle tradizioni dei Nativi europei, e questo sarà un modo per iniziare un’azione di visibilità, a mezzo di una ineguagliabile tribuna internazionale, nei confronti di quelle comunità invisibili che non hanno subito meno repressioni delle altre comunità native del pianeta. Comunità ancora vive e vitali, che mantebngono una loro spiritualità al di fuori delle grandi religioni storiche.
Non sarà un compito facile, perché nelle Assemblee dell’ONU riservate agli Indigenous Peoples esiste un luogo comune difficile da scalzare, ovvero che gli europei sono i conquistatori e i colonizzatori. Cioè “il nemico”. O quanto meno, anche se ravveduti, sono comunque i figli del nemico.
Già da tempo abbiamo iniziato a inserire nel Forum il caso dei Nativi europei come comunità autoctone al pari delle altre, vedasi il caso dei Bretoni. Ma quest’anno faremo un passo in più: parleremo non solo di quelle comunità (come i Bretoni) ormai riconosciute come autoctone. Porteremo il caso delle comunità invisibili, dei Nativi che si sentono “nativi dentro”, parleremo di quelle comunità nascoste che mantengono le loro tradizioni anche se apparentemente non sono distinguibili dalla società ordinaria.
Proietteremo un documentario con interviste a quei Nativi nostrani che hanno scelto di esporsi e mostreremo riti tradizionali con chiare valenze sciamaniche.
I nostri programmi sono tanti, l’agenda è densa e so già che appenna atterrati sul suolo del “Nuovo Mondo” cominceremo a correre. I mezzi per tenervi informati sono molti. I nostri assistenti sono attrezzati e già dall’imbarco abbiamo avuto a che fare con un cameraman (Luca) nascosto dietro le colonne che spuntava fuori da tutte le parti a filmare. Racconterò le nostre avventure su questo blog e sul VideoBlog di ShanCommunityRadio. Faremo servizi e interviste per dare la massima visibilità ad un evento che nonostante coinvolga una fetta di umanità pari al 30%, i media ufficiali ignorano.
Per ora mi godo questa sospensione nell’aria, cielo sopra e oceano sotto, guardando un magnifico tramonto, e chiedendomi: “Ma tutto questo, perché?”

venerdì 9 aprile 2010

PER NON DIMENTICARE

Il percorso iniziato tanto tempo fa all’interno delle tradizioni dei Nativi europei ci sta calando nella dimensione delle tradizioni occitane. Giancarlo ed io da tempo stiamo percorrendo quella che potremmo definire come la “via dei Catari”, cioè un sentiero che percorre quella dimensione invisibile che lega le terre dei nostri antenati.

Una cultura che apparentemente non ha traccia nella storia, eppure... Quella che oggi viene definita come cultura occitana ha radici molto antiche che possiamo collegare, nell’epoca storica più vicina a noi, alla tradizione dei Catari e dei Templari. Ma quelli veri, non quelli che folkloristicamente vengono oggi dipinti come sette cristianizzate. In realtà questa tradizione ha radici ben più antiche, che affondano addirittura nel mito di Fetonte, il dio che donò agli uomini l’Alchimia, e nella leggenda della città megalitica di Rama.

Oggi c’è una grande confusione fra cultura catara, occitana, provenzale. Confusione generata ad arte dalla disinformazione provocata dalla riscrittura della storia da parte dei monaci del tredicesimo secolo, e perpetuata dalle strumentalizzazioni politiche e religiose del nostro tempo.

Ma se si ha la fortuna di avere contatti con quelle tradizioni discrete e nascoste che hanno avuto cura di conservare il bagaglio tradizionale, la chiave di lettura consente una visione molto chiara.

Adriano Aimar è uno di quei coraggiosi continuatori della tradizione, che appassionatamente sta cercando di fare in modo che non tutto vada disperso. Le nostre immersioni nei suoi territori, Val Maira, Val Varaita, ci proiettano in una dimensione che in quanto a fascino e mistero nulla ha da invidiare alle tradizioni degli Indiani d’America o degli Aborigeni australiani. Come loro, anche i nostri Nativi hanno subito repressioni religiose allucinanti, basti pensare alle migliaia di persone bruciate sui roghi. Migliaia di sciamani e sciamane dell’antica religione sterminati per cancellare una cultura scomoda. Repressioni che in maniera meno evidente stanno continuando anche oggi, ad esempio nella sistematica distruzione dei luoghi sacri. Molti luoghi megalitici del cuneese sono stati demoliti o distrutti senza motivo, e altri stanno per essere recintati proprio come i Menhir di Carnac in Bretagna.

Nel cuneese esiste ancora oggi una tradizione, la Beò de Blins, dove viene rappresentata la storia della persecuzione degli sciamani da parte della religione cristiana. Una storia che viene raccontata secondo una rappresentazione teatrale a cui partecipa un intero paese. Dura tutta una giornata, con persone vestite di nastri colorati, fiori, specchi e campanelli, e si conclude con un grandi danze intorno ad un falò. Per non dimenticare.

FRATELLI LONTANI

In questi giorni mi è arrivato un dono da un altro mondo, un altro universo, un'altra vita: un libro dall'Australia che descrive la cerimonia del ritorno delle spoglie degli Antenati, tenutasi a Swan Hill in Australia, a cui abbiamo partecipato nel 2005.
John Danalis, la persona che me l'ha inviato, è un bianco la cui famiglia si portava da generazioni il peso di un'ingiustizia compiuta da un lontano prozio: quella di aver trafugato le spoglie di alcuni Antenati Wamba Wamba. Durante la cerimonia a cui abbiamo preso parte, questa famiglia ha restituito le spoglie, riparando all'ingiustizia.
E' una storia commovente. Jida, il mio fratello aborigeno, ha messo John, l'autore del libro, in contatto con me per rendermi partecipe di questo fatto. Sarà forse p
erchè sto già respirando l’aria del Forum dell’ONU di New York sui Popoli naturali a cui parteciperemo, ma in questi giorni mi sento particolarmente vicina ai miei fratelli di terre lontane. Tra le pagine del libro vi erano alcune foglie di eucaliptus, pianta sacra per gli aborigeni, raccolte il giorno della cerimonia.

TRADIZIONI CELTICHE

Ho assistito alla festa tradizionale chiamata “Fora l’Ours” di Mompantero in Val di Susa, e sono rimasta piuttosto scioccata. E’ una rappresentazione forte, che non lascia indifferenti. Si vedono chiaramente le origini pagane di questa festa millenaria che viene tramandata di padre in figlio da infinite generazioni. Un uomo travestito da orso viene malmenato, picchiato, incatenato, umiliato, sottomesso, mentre intorno a lui c’è chi danza e canta. Il messaggio è chiaro: la tradizione sciamanica (l’orso) è stata sottoposta a indicibili angherie e repressioni religiose con l’intento di cancellarla. Ma come dimostra questa festa, le antiche tradizioni non sono mai morte e vengono trasmesse ancora oggi, anche se con prudenza e discrezione. Da notare che questa festa è la più celebrata in zona: dura addirittura tre giorni, nel periodo della festa celtica di Imbolc, e ruota intorno ad una zona dove campeggia una grande ed enigmatica ruota solare (il massimo simbolo mistico dei Celti) scavata nella roccia, di origini preistoriche. Mompantero è il paese alle pendici del Rocciamelone, nome celtico Roc Maol, dove secondo le leggende vivono ancora oggi i discendenti del popolo che fondò l’antica città megalitica di Rama.
Negli stessi giorni ho assistito ad un’altra festa celtica: la Danza degli Spadonari di Venaus, sempre in Val di Susa. Anche questa celebrazione non lascia indifferenti: gli spadonari vestono abiti e copricapi di chiara matrice pagana, adornati con fiori e nastri colorati, ed eseguono una danza che ha un sapore magico, sembrano fluttuare nell’aria, lanciandosi le spade e disegnando con esse cerchi e messaggi che sembrano rivolgersi a chi li sa leggere. Anche questo rito è antichissimo e viene tramandato dalle “famiglie celtiche” della zona.

THE GREEN PATH


Il CD The Green Path dove il flauto di Giancarlo è protagonista continua a far parlare di sé. E’ stato presentato anche alla FNAC di Torino, dove un folto pubblico ci ha dimostrato come sempre tutto il suo affetto e l’apprezzamento verso tutte le cose che facciamo. Questo CD mostra la nostra anima più mistica, se vogliamo anche più difficile da mostrare e condividere. Ma il pubblico ha gradito anche questa volta, incoraggiandoci a continuare su questo percorso, che continueremo senza tuttavia tralasciare l’altro nostro volto, quello più aggressivo e guerresco. Infatti ci stiamo già lavorando: il prossimo CD, che uscirà a giugno (lo voglio mettere nero su bianco proprio per siglarlo a mo’ di impegno), sarà puro keltic-rock e dovrà essere il CD più violento della nostra storia.

LABGRAAL FOR SOS GAIA


Tra le cose più divertenti di questi mesi annovero sicuramente il Calendario “LabGraal for SOS Gaia”. Non so come mi sia potuta venire in mente un’idea coasì balzana, per giunta a gennaio avanzato. I miei compagni del LabGraal temono molto il momento in cui ho una mezza giornata libera, perchè può capitare che io pronunci la fatidica frase “Mi è venuta un’idea...” ed è il momento in cui li vedo scomparire correndo a 200 all’ora, chi perchè ha “la minestra sul fuoco”, chi per un improvviso malore della nonna (ma non era morta?), chi per un figlio da andare a prendere a scuola (ma non sapevo che avessero figli).

Quel fatidico momento è arrivato il giorno della Befana... del resto è il giorno delle Masche e io mi sento chiamata in causa. La Befana che è in me non ha resistito all’idea di trasformare una uggiosa giornata rilassata e sonnolenta, dopo lo stressante periodo delle feste, in una buffa e frenetica corsa a rincorrere le mie prede preferite, ossia i LabGraal, a travestirli, mascherarli, truccarli e allestire un set fotografico dal nulla. Li ho beccati tutti, perfino Giancarlo, che notoriamente ha una idiosincrasia per i set fotografici. Complici gli amici del gruppo di danza Triskel e gli amici fotografi che incautamente si trovavano da quelle parti.

Ma come potevano rifiutare? C’era una motivazione di tutto rispetto: un calendario per beneficenza in favore degli animali assistiti da SOS Gaia.

Il risultato lo potete vedere da queste foto: è più che soddisfacente. Sicuramente, realizzarlo è stato uno spasso, almeno per me. Non so per i miei compagni, che sono stati spogliati, rivestiti, truccati, messi in posa, il tutto alla velocità del fulmine perchè la finestra temporale a disposizione era di poche ore, visti tutti i nostri soliti impegni.

Un’idea nata quasi per scherzo, che poi è diventata una cosa quasi seria: abbiamo fatto un concerto di presentazione al teatro Empire di Torino, con tanto di saluti da parte delle autorità, e varie interviste alle TV locali. Nessuno si è stupito della nostra “mise”: Torino è ancora adesso tappezzato di manifestoni con noi 5 semisvestiti in stile gothic-dark, con Gianluca vestito solo del suo tamburo, eppure ci hanno preso anche sul serio. Meno male, perchè in effetti la causa è seria. Anche se lo facciamo nel nostro stile, in maniera ironica e goliardica, quando parliamo di diritti animali non usiamo mezzi termini. Il tema ci coinvolge molto.

Ma so da “chiacchiere di corridoio” che il nostro manifesto ha suscitato più di un commento malizioso, soprattutto sulle dimensioni del tamburo di Gianluca e dell’ipotesi di quello che nascondeva...