venerdì 13 luglio 2012

I Popoli naturali all’ONU di Ginevra

Si è appena concluso alle Nazioni Unite di Ginevra l’annuale “Expert Mechanism on the Rights of Indigenous Peoples”, il meeting di esperti sui diritti dei Popoli Indigeni. Questa assemblea è un corpo sussidiario del Consiglio per i Diritti Umani istituito con lo scopo di fornire al Human Rights Council la consulenza tematica, sotto forma di studi e ricerche, sui diritti dei Popoli indigeni e di suggerire proposte per la loro tutela.
L’EMRIP, alla sua quinta sessione, ha radunato anche quest’anno esperti e rappresentanti indigeni da tutti i continenti che attraverso relazioni e dibattiti hanno portato avanti il lavoro iniziato più di 20 anni fa proprio qui a Ginevra con il Working Group on Indigenous Populations, sfociato poi nel Permanent Forum on Indigenous Peoples dell’ONU di New York. Il lavoro di questa Commissione consiste in ultima analisi nel creare le procedure affinchè la Carta dei Diritti dei Popoli Indigeni, approvata dall’ONU nel 2007, non rimanga un atto puramente morale, ma venga applicata dagli Stati. In questi cinque anni di lavoro dell’EMRIP sono stati affrontati temi fondamentali. La prima fase è stata dedicata al diritto all’istruzione dei Popoli indigeni e alle modalità per la sua applicazione.
Nella seconda la Commissione di Esperti ha affrontato la questione dei diritti degli Indigenous Peoples a partecipare ai processi decisionali degli Stati. Dal 2011 l’EMRIP si sta focalizzando su una terza fase di lavoro, tanto delicata quanto emblematica: il diritto dei Popoli indigeni alla propria lingua, alla propria cultura e identità. Tematiche che possono sembrare scontate nella nostra epoca, ma che rivelano la profonda discriminazione di cui i Popoli naturali sono ancora oggetto. Come sempre, l’atmosfera che si respira in queste riunioni è gioiosa e frizzante.
Un’assemblea variopinta composta da delegati di etnie da tutto il mondo che esibiscono con fierezza i loro abiti tradizionali, tutti quanti attrezzati con tablet e smartphones di nuova generazione.Le declarations di questa sessione trattavano temi scottanti e venivano lette con enfasi e parole toccanti. Il tema principale era l’identità nativa, con tutto quello che implica: la cultura, le tradizioni ancestrali, la lingua. Tutte cose di cui i Nativi per lungo tempo sono stati privati, e questa privazione ha minato seriamente la sopravvivenza della loro cultura e identità. Ci sono stati momenti emozionanti, come quando, in chiusura, i rappresentanti delle Six Nations hanno conferito a Chief Littlechild, presidente dell’assemblea, un riconoscimento per il lavoro svolto in questi 30 anni, e gli hanno donato una veste rituale. La sessione si è conclusa con una preghiera Aymara dedicata a Madre Terra, a cui tutti hanno partecipato alzandosi in piedi. Partecipavo insieme a Giancarlo come delegata della Ecospirituality Foundation, eravamo accompagnati da Luca e Gianluca in veste di reporter. Anno dopo anno ci si ritrova tutti e ormai il rapporto è consolidato. Da un forum all’altro sembra che il tempo non sia passato. Abbiamo assistito agli avvenimenti degli ultimi dodici anni ed abbiamo dato il nostro piccolo contributo per la maturazione di una identità nativa globale. Ma il processo era già iniziato molto prima. Sono passati 30 anni dall’ingresso dei Popoli indigeni all’ONU. Il primo passo è stato l’avvio del Working Group on Indigenous Populations, nato in sordina nell’ambito della Commissione per i Diritti Umani, e frequentato all’inizio da pochissimi rappresentanti nativi. Lo scopo era quello di promuovere una Carta dei Diritti dei Popoli Indigeni, un lavoro che si è rivelato arduo per via del difficile rapporto con i Governi e che ha richiesto per la sua stesura circa 25 anni. Ma l’assemblea degli indigenous Peoples nel frattempo è cresciuta sempre di più, e con essa è cresciuta la consapevolezza dell’identità Nativa, una caratteristica che gli Indigenous Peoples hanno scoperto di avere in comune al di là delle differenze geografiche e culturali. Il lavoro del Working Group di Ginevra è sfociato nel Permanent Forum di New York, dove l’assemblea dei Popoli naturali ha toccato le sue punte massime con più di 3.000 rappresentanti indigeni da tutto il mondo, consolidandosi come l’assemblea più vasta delle Nazioni Unite. Per via della grande partecipazione dei Nativi, il Permanent Forum ha spesso dovuto adottare misure straordinarie e svolgersi in più sale collegate tra di loro da maxischermi, in quanto non vi erano sale sufficientemente capienti per contenere tutti i partecipanti.
La Carta dei Diritti è stata finalmente adottata nel 2007, un risultato impensabile solo 10 anni fa, e quello che più conta, è stata adottata anche da tutti gli Stati membri. La Ecospirituality Foundation in tutti questi anni ha sempre sostenuto l’importanza di tutelare, a fianco dei diritti alla terra e ai mezzi di sussistenza, anche la tutela delle tradizioni e dell’identità dei Nativi. Nella versione finale della Carta dei Diritti, questi principi sono presenti in molti dei suoi articoli. Ora il passo successivo è quello di fare in modo che la Carta non rimanga un atto formale, ma venga applicata. Per questo è fondamentale che meccanismi come l’EMRIP continuino ad esistere per tutelare, pressare gli Stati, proporre strategie al fine che i Popoli indigeni possano finalmente vantare gli stessi diritti che godono i cittadini della società maggioritaria. E soprattutto è importante che tutti i Popoli autoctoni, di qualsiasi latitudine, possano manifestare le loro culture e le loro tradizioni senza essere oggetto di discriminazioni. Il problema tocca anche noi europei: sono ancora molte quelle comunità autoctone che si ammantano della discrezione per proteggere le loro tradizioni millenarie. Ma queste culture, così come i loro luoghi sacri, non sono tutelate e la loro sopravvivenza è a rischio. Quand’è che vedremo in queste assemblee dell’ONU anche rappresentanti di comunità autoctone di casa nostra? Il processo è avviato. Non resta che andare avanti.

mercoledì 4 luglio 2012

Musica per un mondo migliore



Quando il LabGraal si esibisce, scatta sempre una grande magia. Pubblico, musicisti e danzatori diventano una cosa sola ed entrano a far parte di un mondo magico, una dimensione senza tempo, in cui sembra che tutto possa avverarsi.
E’ quello che respiriamo noi musicisti sul palco, e credo che molto del merito vada al nostro pubblico, sempre così caloroso, attento e pieno di affetto nei nostri confronti.
Quando iniziamo a suonare, la navicella parte, il viaggio ha inizio, ha inizio la magia. Non è solo divertimento, è qualcosa di più.
Forse sarà perchè nella nostra musica c’è un messaggio liberatorio e, insieme, mistico. Ci rivolgiamo alla Natura, a Madre Terra e a tutti i suoi abitanti. Cantiamo e suoniamo il nostro amore per gli animali, lo facciamo con tutto il cuore, e non ci stancheremo mai di farlo, come dei bardi che instancabilmente portano avanti un messaggio che deve imprimersi nella mente delle genti perchè non vada dimenticato.
Gli ultimi concerti sono stati dedicati a loro, ai figli di Madre Terra che non vengono riconosciuti come nostri fratelli. Gli esseri più deboli tra i deboli.
“Sognando un mondo migliore” era il concerto dedicato a loro, ai nostri fratelli animali. Un concerto accompagnato da una mostra collettiva a cui hanno partecipato con grande entusiasmo quindici artisti.
Nello splendido scenario del cortile settecentesco dell’Università di Torino invece abbiamo suonato per Madre Terra, in una rassegna dedicata alla Natura.
L’ultimo, qualche giorno fa, si svolgeva a Mezzenile, un antico borgo dove si sentono ancora oggi le tracce di una antica tradizione.
Ogni volta è un’esperienza particolare e unica. Il concerto inizia e finisce al suono della cornamusa di Luca. Tra una canto di battaglia e una canzone che incita alla danza, Giancarlo crea una bolla di silenzio con le sue poesie e il flauto. Gianluca fa battere i piedi, le mani e il cuore al ritmo dei tamburi, Andrea ricama antiche melodie con il bouzuki. Io mi lascio rapire dalla mia stessa voce, che esce da non so dove e va lontano.
I nostri concerti terminano sempre con l'urlo del drago, la bagpipe di Luca, in una catarsi collettiva dove tutti, ma proprio tutti, partecipano in piedi cantando con noi e battendo le mani. Momenti che rimangono impressi nella memoria e che sembrano mettere in contatto con dimensioni arcaiche.
La musica è qualcosa che nulla può fermare. Inesorabilmente procede nel suo incessante cammino, portando messaggi di speranza e di libertà. E noi del LabGraal ci sentiamo come dei viandanti che vengono trascinati da qualcosa di più grande di loro, da una storia iniziata millenni fa, che prosegue nel suo corso e lascia che i bardi che incontra sul suo cammino la accompagnino per un tratto, chiamando a raccolta tutti coloro che sanno ascoltare.

Ma chi vuole ancora la caccia?


A riprova di ciò che è ormai entrato nella mentalità corrente, e cioè che  la caccia è una pratica barbara, obsoleta e anacronistica, il corteo che si è svolto lo scorso 3 giugno a Torino è stata una ulteriore conferma del profondo sentimento anticaccia che ormai regna incontrastato nei cittadini di ogni età, cultura, ceto, ideologia politica o religiosa.
Più di 3mila persone hanno manifestato pacificamente in corteo nel centro di Torino, provenienti da tutto il Piemonte e da varie parti d’Italia, per protestare contro l’abolizione del referendum che era stato fissato proprio per quella data. Un referendum per limitare la caccia in Piemonte, richiesto 25 anni fa da 60mila persone, lungamente osteggiato e poi reso inevitabile dalla decisione del TAR, ma all’ultimo momento abolito per l’abrogazione della legge regionale che il referendum chiedeva di modificare.
Un espediente, un “trucchetto legislativo”, così come lo definiscono i promotori del referendum. Per dare una risposta tempestiva e un segnale ai tanti che si sono trovati disorientati dall’annullamento a  campagna referendaria già attivata il Comitato promotore ha organizzato a tempi record, neanche tre settimane, una manifestazione nazionale di protesta.
E il movimento del SI ha risposto compatto, dimostrando che il referendum potenzialmente il quorum lo ha già raggiunto, e inevitabilmente la vittoria è già in pugno.
Insieme ai membri del Comitato, portavo lo striscione che guidava il corteo con la scritta “Riprendiamoci il referendum e la democrazia” con i rappresentanti di vari partiri politici e di   amministrazioni comunali che intendevano dare un segnale di sostegno. La manifestazione ha visto anche una grande partecipazione da parte di tutte le associazioni animaliste e ambientaliste, tra cui SOS Gaia.
Molte sono state le dichiarazioni a sostegno della manifestazione. Il Presidente Emerito della Corte Costituzionale Gustavo Zagrebelsky ha fatto giungere al Comitato del Referendum il seguente messaggio:
“Aderisco alla manifestazione del 3 giugno, di protesta contro il comportamento dell’Amministrazione regionale che ha operato per vanificare l’iniziativa di tanti cittadini che, da venticinque anni (venticinque!!!) operano per poter esercitare il diritto al referendum su temi così importanti come la difesa dell’ambiente e il rispetto delle forme della vita che ospita e il contrasto della cultura che considera l’uccisione degli animali uno sport, un passatempo, un divertimento.
Oggi, finalmente, la legittimità di questa iniziativa è stata pienamente riconosciuta ma è venuto a mancare quel minimo di cultura democratica che imporrebbe al mondo della politica, di fronte a una richiesta referendaria, di mettersi da un lato, registrare la volontà dei cittadini e astenersi da comportamenti ostruzionistici. Evidentemente, c’è chi ritiene che i cittadini siano marionette e che la presente amministrazione regionale – la cui legittimità è, come minimo, dubbia – possa manipolarli come meglio ritiene, dando via libera solo alle iniziative che non danno fastidio. Ma la democrazia è un’altra cosa e, prima o poi, ce ne dovremo rendere conto tutti. Auguri per la manifestazione che avete convocato.”
Andrea Zanoni, deputato al Parlamento Europeo per la Commissione Ambiente, ha dichiarato: “Il successo di questa manifestazione dimostra che moltissimi cittadini sono molto arrabbiati perchè sono stati derubati di un diritto importantissimo che è quello di potersi esprimere, soprattutto per un tema così importante come la tutela degli animali selvatici. Un referendum sulla caccia dovrebbe essere inutile oggi in Italia, perchè sappiamo tutti che i cittadini sono contrari all’uccisione degli animali selvatici per divertimento. Il Parlamento dovrebbe semplicemente approvare una legge che vieti la caccia. E’ una cosa semplicissima e non costerebbe nulla. Questo però non avviene perchè purtroppo tutti sappiamo che le lobbies che sostengono la caccia sono molto forti e che i nostri rappresentanti al Parlamento non rappresentano più i cittadini, ma rappresentano le lobbies. Ma le manifestazioni come quella di oggi dimostrano che le cose stanno per cambiare. Io credo che con la prossima legislatura potremo parlare di referendum nazionale per abrogare finalmente la caccia in tutta Italia.” Roberto Piana, promotore storico del referendum, ha dichiarato: “Il referendum è vivo, c’è ancora. Semplicemente non c’è più la legge sulla quale votare. Un atto gravissimo e antidemocratico. Nasce dal Piemonte, da questa piazza e dalle battaglie condotte in questi anni una grande speranza affinché la caccia venga abolita, non solo nella nostra regione, ma in Italia e in Europa. Non ha più senso oggi l’attività venatoria.”
Piero Belletti, altro capo storico del Comitato promotore, che con Roberto Piana porta avanti questa battaglia da 25 anni, ha affermato: “Non molleremo. Siamo più decisi e risoluti che mai ad andare avanti. Il referendum non è morto, è soltanto stato accantonato, ma ce lo riprenderemo. Confidiamo molto nella magistratura e ci auguriamo che come è già successo più volte in passato ci dia nuovamente ragione e imponga ancora una volta alla Regione di effettuare il referendum”.
La battuta di arresto che il referendum ha subìto sembra aver dato ancora più forza, nonchè una grande visibilità nazionale, al movimento che per tutti questi anni ha lottato e che proprio quando ha quasi raggiunto il traguardo si è visto scippare l’oggetto della sua battaglia.
Se non fosse un termine inappropriato visto l’argomento, potremmo dire che ora il movimento “alza il tiro”.  Dice Piana: “Il precedente referendum chiedeva una forte limitazione della caccia, poichè quando era stato formulato la legge nazionale impediva di chiedere l’abolizione totale dell’attività venatoria. Nel tempo la situazione è cambiate: oggi l’articolo 117 della Costituzione stabilisce che la caccia è di competenza regionale. Pertanto con il prossimo referendum chiederemo l’abolizione totale della caccia. Il Comitato che ha combattuto per 25 anni è vivo, è più forte che mai, continuerà la battaglia e siamo sicuri che alla fine vinceremo.”