lunedì 7 marzo 2011

8 Marzo: ma che c'è da festeggiare?


Non ho mai capito il senso della festa della donna. Le origini risalgono ad un fatto orribile accaduto nel 1908. A New York, le operaie dell'industria tessile Cotton scioperarono per protestare contro le terribili condizioni in cui erano costrette a lavorare. Lo sciopero si protrasse per alcuni giorni, finché l'8 marzo il proprietario, Mr. Johnson, bloccò tutte le porte della fabbrica per impedire alle operaie di uscire. Allo stabilimento venne appiccato il fuoco e le 129 operaie prigioniere all'interno morirono arse dalle fiamme.
Non mi sembra esattamente un fatto da festeggiare.
Lo si è voluto eleggere a simbolo di una lotta operaia, benissimo. Di una lotta di classe e di sesso, giustissimo. Ricordarlo, sono d’accordo. Ma il guaio è che l’8 marzo nessuno si ricorda di quelle povere 129 donne bruciate, bensì si festeggia “la donna”. E perchè mai? E’ una specie in via di estinzione? Un angelo del focolare a cui in quel giorno viene concessa la libertà di mollare un attimo il focolare e prendersi una boccata d’aria? I bamboccioni rimasti a casa, per una sera si prepareranno la cena da soli? Ma sì, lasciamole uscire una sera all’anno, così per i prossimi 364 giorni abbiamo la cena assicurata.
Non mi sono mai piaciute le celebrazioni discriminanti. E devo dire che vedere, la sera dell’8 marzo, torme di donne che si concedono il massimo della trasgressione, ossia andare in pizzeria con le amiche e bersi una birra più del solito, mi sembra una scena piuttosto triste.