venerdì 1 novembre 2013

Samain...


La porta si è aperta, puntuale. Le danze festose dei partecipanti si mescolano ai balli gioiosi di creature invisibili agli occhi. Non c’è distinzione fra gli abitanti di questo e dell’altro mondo, siamo tutti insieme, tutti affratellati da una stessa esperienza. I vivi e i morti si incontrano e non si distingue chi siano gli uni e gli altri. Creature dell’Autre-monde si divertono a rincorrersi nel cerchio di pietre, facendosi scorgere per un attimo, per poi scomparire nel nulla.
Le limitazioni dei cosiddetti “vivi” impediscono di vedere cosa accade intorno. Siamo costretti in questo gioco, chiusi nella gabbia che ci limita le facoltà. Loro, invece, possono. Hanno superato la soglia e possono vedere sia loro che noi. Possono ridere dei nostri limiti sapendo che una volta erano i loro. E saremmo noi, i “vivi”?
Stranamente c’è chi, anche da questa parte della soglia, sembra non avere questi limiti. I nostri compagni di forme diverse, non sembrano stupiti di ciò che accade. Per loro, ogni giorno è Samain.
Ma la porta si è aperta, e finalmente anche per noi umani la magia si ripete. Anche quest’anno possiamo incontrarci.
E’ un momento di gioia.
Il Cerchio di Pietre anche questa volta ha mantenuto la sua promessa.


domenica 27 ottobre 2013

Il “Native” dentro di noi


Quando io e i miei compagni del LabGraal abbiamo dato il nome “Native” all’ultimo CD, abbiamo pensato che era il termine che meglio sintetizzava tutte le intenzioni contenute nell’album.
Non dico che siamo stati subito tutti d’accordo: come sempre accade nel nostro gruppo, prima di arrivare a una decisione unanime si deve passare necessariamente da una simpatica discussione, civile e amichevole, in cui si arriva a rinfacciarsi cose di anche vent’anni prima, tutti contro tutti,  spesso dimenticando come è iniziato il confronto e soprattutto l’oggetto dello stesso. Succede per la scelta di un ristorante o di un film, figuriamoci per il titolo dell’ultimo album. Andrea, che evidentemente se ne intende, sostiene che per produrre qualcosa di interessante, occorre prima di tutto una bella litigata.
Anyway, superati tutti gli ostacoli, alla  fine tutti hanno concordato che “Native” era il titolo più adatto (per stanchezza, forse?)
Non era facile sintetizzare in un titolo tutti i messaggi contenuti nei brani del CD. Volevamo esprimere l’esperienza che ci ha guidati nel produrlo, un’esperienza che è il frutto di anni di contatti con le culture e le terre sacre dei Nativi di ogni continente, ma anche il frutto di un percorso mistico all’interno di se stessi e alla scoperta di quella storia di cui siamo stati privati. La storia di noi Nativi europei.
“Native” è il cuore antico che c’è in ognuno di noi, o meglio, in ogni individuo che non si accontenta dell’omologazione a cui è stato sottoposto fin dalla nascita e che cerca di essere libero. Perchè evidentemente un po’ libero lo è già dentro di sé.
“Native” è l’uomo che sotto qualsiasi latitudine sente di appartenere alla Terra, sente che la sua vera madre e maestra è unicamente la Natura, e non ci può e non ci deve essere nessun guru, profeta o ideologia che lo privi di questo rapporto diretto e magico.
“Native” è l’indigeno che in ogni continente ha resistito alla potenza della sopraffazione, che non si è lasciato assimilare da una qualsiasi religione, che non ha creduto alle menzogne riguardo al suo passato e alla sua storia.
“Native” è un inno alla libertà. E’ un canto di gioia. Un tributo alla vera musica celtica, che è musica tribale e non quella pappetta di maniera che a volte ci viene propinata come “celtica”.
O almeno, questa era la nostra intenzione nel produrlo. Se siamo riusciti nell’intento di trasmetterla, lo sapremo nel tempo.

“I walk and I dance
Loved by the Sun
Guided by the moon
I need nothing more”

(Here and Now)

mercoledì 16 ottobre 2013

Where do we come from? Where are we going? What are we?


Where do we come from? Where are we going? What are we? Sono le domande che ti accolgono appena sbarchi al CERN di Ginevra. E’ proprio il caso di dire “sbarchi”, perchè ti sembra di approdare su un nuovo pianeta. Un pianeta dove la Scienza, con la S maiuscola, è al servizio dell’uomo, di qualsiasi uomo. Non un argomento per una chiusa élite ma uno strumento per capire chi siamo, dove siamo, e soprattutto di che cosa siamo fatti.
L’universo del CERN è variegato quanto lo può essere un pianeta che vive di Scienza e che ha fatto della ricerca la sua ragione di esistere. Tutti gli scienziati che lavorano al CERN sembrano investiti di una sacra missione: quella di capire qualcosa di più di questo strano meccanismo che permette all’Universo, compresi noi stessi, di esistere. Ma non solo: il loro compito è anche quello di non tenere per sé le scoperte raggiunte, ma di divulgarle il più possibile. Ecco perchè ci troviamo così a nostro agio quando poniamo i “domandoni” più complicati ai ricercatori del CERN. Loro sono abituati a rispondere, volentieri mettono a disposizione le loro conoscenze e non si tirano indietro quando ai “domandoni” non c’è ancora una risposta.
L’anno scorso, in occasione di una giornata passata al CERN con gli astronauti della Stazione Spaziale Internazionale, ho ascoltato Samuel Ting, Premio Nobel per la Fisica, affermare che nonostante le grandi scoperte della Scienza, in realtà siamo calati dentro un grande mistero. Tutto ciò che ci circonda è un mistero, noi stessi lo siamo.
Quest’anno ho avuto la fortuna di scendere nel cuore pulsante del CERN, calata a 100 metri di profondità, dentro il famoso acceleratore di particelle LHC, il più grande del mondo, e il non meno importante esperimento ATLAS. L’acceleratore e i suoi rivelatori erano fermi per la consueta manutenzione, e per l’occasione il CERN ha organizzato un evento per la stampa e il pubblico: il CERN Open Days. Shan Newspaper era tra i media invitati, e così ho potuto assistere a un evento unico, affascinante ed emozionante.
Ho chiesto al nostro amico Valerio Grassi, ricercatore del CERN e co-scopritore del bosone di Higgs, quale sarà il prossimo traguardo dopo la scoperta del famoso bosone. Mi ha risposto che il regalo più grande sarebbe scoprire  qualcosa di totalmente inaspettato e non teorizzato.
Questo è quello che si respira al CERN: un modo di fare ricerca senza pregiudizi, pronti ad andare oltre i traguardi acquisiti e affascinati dall’idea che l’universo può riservarci delle sconvolgenti sorprese.


mercoledì 17 aprile 2013

UNA SETTIMANA PARTICOLARE


Nella settimana delle straordinarie dimissioni del Papa che hanno provocato l’incredibile evento storico di avere due Papi, dell’asteroide che ha sfiorato di pochissimo la Terra, del devastante meteorite caduto in Russia, anch’io nel mio piccolo mondo personale sono stata testimone e protagonista di un evento particolare. Almeno lo è stato per me.
E’ stata la settimana di Jules.
Lunedì 11 febbraio è arrivato nel mio giardino. E’ rimasto con me per tutta una intera settimana, e poi è volato via. Si trattava di un airone bianco, bellissimo, del tipo “guardabuoi”. Questo tipo di airone è chiamato così per via della sua attitudine ad avviare una collaborazione reciproca con i bovini: segue le mandrie dei grossi mammiferi al pascolo e si posa sul loro dorso dove ricerca i parassiti della pelle; i bovini così non solo beneficiano della liberazione dai parassiti, ma sfruttano anche l’allarme che gli uccelli danno in caso di pericolo (da qui il nome di “airone guardabuoi”).
Ebbene, il mio personale airone guardabuoi è comparso un lunedì mattina, perfettamente a suo agio davanti alla porta di casa mia, e si è insediato lì per tutta la settimana. 
Arrivava puntuale alle 7 e mezzo di mattina e si piazzava in giardino davanti alla mia porta di casa, con il becco incollato al vetro finchè non mi alzavo. A volte doveva aspettare parecchio, per via dei miei orari strani. Se avevo tempo, rimanevo con lui il più possibile, perchè per me era una gioia stargli insieme: passeggiavamo per il giardino, gli davo del pane, lui svolazzava alto e tornava, come a farmi vedere la sua danza. Si lasciava persino prendere in braccio!
Quando invece per qualche motivo dovevo andare via, mi accorgevo di avere fretta di tornare sperando che lui fosse ancora lì. E infatti lui aspettava che rincasassi, poi se ne andava non si sa bene dove.
Dopo qualche giorno era ormai un’abitudine vederlo arrivare puntuale al mattino e salutarlo alla sera, quando con il buio “smontava” per tornare nel posto misterioso da cui era venuto. Sembrava dovesse compiere una missione.
Mi è venuto spontaneo chiamarlo Jules, il nome di un poeta a me caro, Jules Laforgue. Non so se il nome mi sia stato suggerito da lui stesso, ma di certo anche lui era un poeta e un filosofo: stava ore ed ore a riflettere, a osservare un albero o un fiore, immobile.
Poi, così come è arrivato, è scomparso. Il sabato di quella settimana ha aspettato che tornassi a casa, ormai era buio, mi ha guardato fisso e poi è volato via.
Non capirò mai cosa volesse da me, né che cosa lo abbia spinto a passare una settimana intensiva nel giardino di casa mia, comunicando con me con gli sguardi e con le sue danze nel cielo. Non ho ancora capito che cosa mi abbia trasmesso, ma di certo mi ha lasciato un segno profondo, una profonda magia che mi accompagna ancora adesso. E anche un grande senso di vuoto ogni volta che, al mattino, ancora lo cerco sperando che torni a trovarmi.

mercoledì 9 gennaio 2013

Wikipedia Italia: un grande bluff?

L’hanno definita “la dittatura dell’anonimato”, si dice che “al suo confronto l'Inquisizione medievale è stata gestita da pivelli: ci troviamo di fronte alla più rapida ed efficace struttura di censura mai progettata, monitorata costantemente da controllori che a tempo pieno alterano e bloccano la libertà di opinione tanto rimarcata”. Ma cosa c’è realmente dietro questa grande macchina che sta fagocitando il web?
Anch’io, come milioni di italiani, sono caduta nell’equivoco di pensare che Wikipedia fosse un servizio a disposizione di tutti. Sono una fervente sostenitrice del ruolo sociale di internet, convinta che sia uno strumento formidabile che il mondo globalizzato ci ha messo a disposizione, pur con tutti i pro e i contro. Per questo ho sempre guardato a Wikipedia come ad una enciclopedia virtuale, costruita e gestita da persone che essendo protette dall’anonimato potevano benissimo non avere nessun titolo né criterio per giudicare la validità dei dati immessi. Ma comunque riconoscevo l’utilità di poter reperire una mole massiccia di dati, cercando di discernere quelli validi da quelli dubbi, senza prenderli per oro colato e confrontandoli con altre fonti. Fin qui tutto bene.
Fino a quando un mio amico non mi ha raccontato i problemi che si è trovato ad affrontare quando ha cercato di pubblicare una sua “voce”. La persona in questione, avendo la mia stessa visione di Wikipedia, e curiosa di provare a partecipare e dare un contributo all’enciclopedia virtuale, si è voluta cimentare nel redigere e pubblicare una biografia di un gruppo musicale e di uno scrittore.
Ha pubblicato nomi, dati e fonti. Cose verificabili e innegabili. Ebbene, dopo poco entrambe le sue “voci” sono state presa di mira dagli amministratori, non si sa bene per quale motivo, addirittura chiedendone la cancellazione. I pretesti erano: la voce “non è abbastanza neutrale” (ma in entrambe le biografia c’era un elenco di fatti realmente accaduti); “non si citano fonti terze autorevoli” (venivano citate fonti dell’ONU: forse non abbastanza autorevoli?…) troppo “localismo” (in entrambe le biografie si citavano articoli di giornali australiani, africani, e attività fatte a New York, Londra… eh sì, realtà troppo locali: erano tutte attività condotte sul pianeta Terra!) A questo punto mi sono incuriosita e ho provato a capirne qualcosa di più. Quello che ho scoperto rivela una Wikipedia totalmente diversa da come appare. Preciso che mi riferisco a Wikipedia Italia. In pratica chi gestisce Wikipedia in Italia è un gruppo di persone che, rigorosamente protette dall’anonimato, possono fare il bello e il cattivo tempo, censurando a piacimento tutto ciò che per qualche ragione non è a loro gradito, con i pretesti più assurdi, ma sempre con l’aura dei volontari che si sacrificano per la comunità. Approfondendo un po’ il discorso, si viene a scoprire che sono moltissimi i personaggi, anche noti, che sono incappati in questa trappola. Ad esempio lo scrittore Massimiliano Parente, che la definisce “la dittatura dell’anonimato”. Dice Parente: “Wikipedia è in sintesi dare la possibilità di disegnare il vostro ritratto pubblico al vostro peggior nemico. Il principio base è la deresponsabilizzazione assoluta. Chiunque, per esempio, può modificare la voce Massimiliano Parente senza firmarsi, mentre io posso modificarla solo a condizione di mettermi, rispetto a Wikipedia, sullo stesso piano della fonte anonima che su di me vuole saperne più di me”. Lo scrittore e ricercatore Piergiorgio Odifreddi dice: “Dopo aver sopportato per anni di vedere la pagina a me dedicata (da altri) riportare soltanto la mia attività di “polemista anticristiano”, criticata soltanto dai fondamentalisti religiosi, ho provato ad aggiungere (da me) altre notizie sul resto della mia biografia. Niente da fare: venivano sistematicamente cancellate, con l’intimazione di provare che “io ero io” e, in ogni caso, di corroborare i miei ricordi con la citazione di fonti secondarie, appunto. Cosa che ho fatto, fino a dove ho potuto: salvo vedere, a volte, le notizie corrette sulla base di altre fonti che, evidentemente, su di me ne sapevano più di me.” Dalle molte denunce di persone incappate in questo strano meccanismo autoritario, emerge una iniziativa gestita da un gruppo di persone, per lo più studenti e impiegati nei vari enti accademici, che non avendo evidentemente altro nella vita si divertono a sentirsi importanti prendendo di volta in volta di mira qualcuno, e se decidono che la “voce” va eliminata, niente di più facile: basta che uno di loro proponga di cancellarla e la cancellazione avviene automaticamente dopo 7 giorni. Certo, danno l’impressione che la cancellazione si possa discutere democraticamente. Tranne che, per discuterla ed arrivare ad una decisione, bisogna far parte del gruppo degli amministratori. E quindi siamo daccapo. Non ci sono santi né madonne: se uno di loro decide di cancellare una voce, potete stare certi che la voce verrà cancellata. Ma allora lo dicano chiaro: “ci siamo fatti un nostro sito, un’enciclopedia in cui solo noi possiamo dire la nostra”. Non ci sarebbe nulla da eccepire. Sarebbe più onesto, anziché propagandarla come una azione meritevole, un’enciclopedia “libera”, addirittura un servizio utile alla società. Eppure Wikipedia viene generalmente presa a riferimento come una fonte attendibile e obiettiva. Come se fosse l’Enciclopedia Britannica. Nell’era di Facebook, dove tutti si sentono dei personaggi solo perché hanno imparato il “copia e incolla”, Wikipedia è uno strumento fondamentale per dare autorevolezza ai milioni di citazioni che vengono pubblicate quotidianamente sul social network. Ma se incappiamo in chi da Wikipedia è perseguitato, come ci rivela la testimonianza dello scrittore Bonaventura Di Bello, allora scopriamo una realtà ben diversa. Il blog www.dragas.net cita questo caso: “Lo scrittore e giornalista Bonaventura Di Bello ha deciso di creare una pagina con le proprie informazioni su Wikipedia inglese e su Wikipedia italiana. Nel primo caso la pagina è rimasta attiva, pur con qualche modifica. Nel secondo caso, invece, sembra che gli sia stata cancellata senza neanche discuterne. Di Bello ha chiesto un chiarimento ad un responsabile di Wikipedia Italia. La risposta è stata ferma ma garbata, ricordando le regole alla base del progetto it.Wikipedia, e precisando che en.Wikipedia è un’altra gestione, dunque non va presa come modello. E’ sorto un vespaio di polemiche e moltissimi utenti hanno espresso i propri giudizi in merito alla vicenda. Ne sono venute fuori esperienze interessanti, gente che ha collaborato e collabora con en.Wikipedia senza problemi e si ritrova puntualmente a discutere su it.Wikipedia sul fatto che il proprio contenuto sia “enciclopedico” o meno. Andando a vedere la pagina di Bonaventura su en.Wikipedia, si nota che c’è un avviso che indica che l’articolo potrebbe non essere di carattere enciclopedico. Caso strano, questa “nota” è stata inserita proprio lo stesso giorno che Di Bello ha chiesto chiarimenti all’admin italiano. E la nota è stata inserita da un IP italiano. La questione, quindi, mi sembra abbastanza semplice: qualcosa di fondo non sembra andare per il verso giusto.” Su un altro blog leggiamo: “Wikipedia-ITALIA è un fallimento. Questo è dovuto al fatto che gli amministratori di tale sito sono degli egocentrici, violenti, saccenti e paranoici.” E su un altro ancora leggiamo un post intitolato “L’autoritarismo degli amministratori di Wikipedia” che denuncia: "Queste persone che presidiano il sito di Wikipedia sono amministratori e aspiranti tali che, sostanzialmente, possono bloccare utenti e pagine. Fin qui non c’è nulla di particolarmente anormale, eccetto una certa ruvidezza nel loro modo di comunicare. I problemi sono, però, evidenziati in una pagina che raccoglie tutte le segnalazioni degli abusi compiuti dagli amministratori. Siamo franchi: in tutte le comunità accadono piccoli soprusi, è inevitabile. Episodi spesso marginali, che vanno però criticati per il bene della comunità. Invece la comunità di Wikipedia deve essere talmente perfetta al punto che da quando esiste nessun amministratore sia stato né punito, né richiamato per le proprie azioni. Una infallibilità quasi papale, che sconcerta. Come sconcerta che una significativa percentuale delle segnalazioni di problematicità si chiudono con pesanti sanzioni nei confronti del segnalante. Della serie: non usate quella pagina o tutto si ritorcerà contro di voi.” Ma forse l’analisi più inquietante è quella che si legge sul blog www.arcadiaclub.com: “Tutti conoscono Wikipedia, la famosa enciclopedia online "libera", strumento di diffusione del sapere. Quello che pochi sanno (o su cui pochi hanno riflettuto) è il fatto che non tutto ciò che si sa su questo colosso del sapere è vero. Primo, non sussiste la base su cui si fonda la filosofia stessa di Wikipedia: non è vero che si tratta di un'enciclopedia libera. Non è vero che tutto può essere modificato o arricchito. Inserire determinati contenuti è praticamente impossibile, i testi considerati scorretti (sotto i più vari profili) vengono censurati nel giro di pochi attimi. Esistono inoltre parecchie voci, molte delle quali (casualmente) politiche/ideologiche, che appaiono come bloccate (non modificabili): può questo essere sinonimo di libertà? Guardando la cosa sotto un certo punto di vista si potrebbe addirittura asserire (non senza ironia) che ci troviamo di fronte alla più rapida ed efficace struttura di censura mai progettata, monitorata costantemente da controllori che a tempo pieno alterano e bloccano la libertà di opinione tanto rimarcata. Sempre ridendo (un sorriso amaro) viene voglia di pensare che a suo confronto l'Inquisizione medievale sia stata gestita da pivelli.” L’analisi del blog continua dipingendo scenari ancora più scuri, su cui vale la pena di soffermarsi attentamente: “Non è un segreto che molti siti rinunciano a parlare di argomenti che già Wikipedia tratta (e non sono pochi). Il gigante schiaccia l'iniziativa del piccolo, pensiamo a quanto materiale creativo o di altro genere non è stato pubblicato a causa di questo peso. In sostanza Wikipedia non ha rivali, o sei a favore o non sei nulla. Questa situazione che va peggiorando potrebbe essere in un futuro non lontano l'abbattimento totale della più importante peculiarità di internet: l'essere mezzo di informazione libera (questa volta nel senso pieno del termine); rischiamo di cadere in una totale mancanza di alternative, in una "dittatura" della conoscenza. Dove si informano le nuove generazioni? Quale miglior modo per controllare fiumi di persone se non una "golosa" sorgente gratuita e completa per ogni esigenza? Piace a tutti, soprattutto agli studenti che in pochi secondi vedono molti dei loro studi e compiti fatti e pronti senza fatica. E' molto trandy dire "cerco su wiki", anzi è decisamente alternativo (peccato che tutti facciano così, sottile ironia). Sappiamo veramente a chi è in mano e soprattutto, sappiamo davvero chi ne gestisce i contenuti più importanti? Possibile che sia arrivata ad avere accordi ed agevolazioni con i più importanti "centri di potere" informatici? Non ci sono risposte per ora, solo domande. In conclusione ri-citiamo l'inquietante frase "Tu puoi aiutare Wikimedia a cambiare il mondo" posizionata vicino alle donazioni (e a quegli ometti stilizzati tutti uguali che salutano). Questo mucchietto di parole non invita nessuno a riflettere? Wikipedia estende in tutte le direzioni i suoi capillari tentacoli, unificando, surrogando e distruggendo”. All’interno della struttura di Wikipedia però non sono proprio tutti d’accordo con questa gestione autiritaria e censoria. Timidamente si affacciano delle lamentele, stanno nascendo dei malumori, e cominciano ad esserci delle voci fuori dal coro. Questa è una lamentela pubblica di un admin: “Se me l'avessero detto qualche mese fa, non ci avrei creduto, e c'avrei magari anche sorriso su. E invece pare che gli "insabbiamenti" tanto paventati da alcuni utenti, esistano veramente. Com si è potuto vedere, si stava svolgendo una grossa discussione nella pagina degli Amministratori problematici, discussione che aveva sollevato un sacco di problemi e scoperchiato il vaso di pandora sul comportamento di vari utenti di Wikipedia. La discussione si stava rivelando molto articolata, anche calda, spesso è deragliata. Ciò nonostante, continuava. Una mattina, però, ho scoperto che il tutto era stato arbitrariamente tagliato dalla pagina in questione, e messo in una sottopagina, inserito fra le Segnalazioni chiuse”. A questo punto, mi chiedo, che credibilità può avere Wikipedia? Che valore possiamo dare a tutte quelle voci, scritte da persone rigorosamente anonime, che imperversano sul nostro computer non appena apriamo un motore di ricerca? Chiunque può scrivere qualunque cosa, e di certo i gestori di Wikipedia hanno tutto il tempo del mondo, non avendo altro da fare, per cambiare i dati a loro piacimento. E’ proprio di questi giorni l’ennesima “bufala” di Wikipedia, denunciata dal Corriere della Sera: nientemeno che una guerra in India inventata di sana pianta da un utente (vedi Corriere della Sera dell’8 gennaio 2013). Per fare un ulteriore esempio, un mio amico ha corretto un dato inesatto che riguardava un film, mettendo il dato esatto. Ebbene, il giorno dopo si è ritrovato sulla voce del film il dato sbagliato: evidentemente la sua correzione non è stata gradita dagli amministratori. Ma come riesce Wikipedia ad infilarsi così abilmente nelle nostre vite, nelle nostre ricerche, nella nostra conoscenza del mondo? E, domanda ancora più inquietante, visto che l’enciclopedia “libera” si regge sull’anonimato, chi c’è realmente dietro Wikipedia (e preciso: Wikipedia italiana)? Ma allora, le domande si allargano: la cultura in Italia da chi è realmente gestita? Chi la indirizza, quali sono le lobbies che ce la propinano? E secondo quale mentalità o quali pregiudizi? Proviamo a consultare Wikipedia: sicuramente troveremo la risposta.