Sono anch’io su Facebook come milioni di altre persone,
ormai sarebbe perfino sospetto non esserci. Potrebbero accusarti di fare lo
snob, o di essere asociale. Un po’ asociale lo sono, ma non voglio rendere
pubblica questa mia attitudine: nell’era dei social network è più notata
l’assenza che la presenza, e così mi adeguo...
E poi non vorrei incorrere in qualche spiacevole inconveniente,
come è capitato a quel signore inglese che si è visto arrivare la polizia in
casa perchè il fatto che non fosse su Facebook destava sospetti.
Intendiamoci: non faccio parte di quella categoria che vede
nel computer una diavoleria. Posso a buon diritto vantarmi di essere stata la
prima, tra i miei amici, a buttarmi nell’avventura di internet e di averci
trascinato tutti gli altri, e la stessa cosa è avvenuta per Second Life. Non
sono d’accordo con chi sostiene che passare troppo tempo al computer distoglie
dalla realtà: ma quale realtà? La realtà è sempre e comunque virtuale, sia
davanti a un computer che in un bar. E’ un film proiettato nel nostro cervello.
E i rapporti umani sono soggetti sempre alle stesse regole, sia che ci si
incontri attraverso un computer o in un pub.
Ma verso i social network, e soprattutto verso “quel” social
network che ha sbaragliato tutti gli altri, provo sentimenti contrastanti. Da
un lato trovo sacrosanto il loro utilizzo per diffondere notizie utili,
segnalazioni e quant’altro. La globalizzazione, checché se ne dica, produce
molti effetti positivi, basti pensare a un caso, fra tanti: il ruolo che ha
avuto FB nell’evitare la lapidazione dell’iraniana Sakineh.
D’altro canto sto arrivando ad una idiosincrasia per tutti i
commenti inutili quando non idioti che invadono il desktop appena ci si
collega. Sapere che Tizio ha appena fatto colazione, o che Caio sta andando a
dormire, mi fa venire un attacco allergico. A leggere le melenserie di quanti
si dichiarano pubblicamente amore
eterno, mi compaiono le squame e divento tutta verde. Per non parlare delle
migliaia di guru che inondano tutti di massime illuminate e grandi verità... mi
crescono i peli e mi metto a ululare.
Su FB ho circa 3.700 amici: ebbene sì, lo confesso, non sono
capace di dire di no, mi sembra poco gentile. Con il risultato che ora so cosa
fanno 3.700 persone nell’arco della loro giornata, quando vanno a mangiare e a
dormire, cosa mangiano a colazione, cosa stanno facendo in quel momento in
ufficio. Ok, sto esagerando: per fortuna molti di loro sono persone discrete
che usano FB per diffondere solo notizie utili.
Facebook rivela un male sociale del nostro tempo: la
solitudine. Milioni di persone sole, che si illudono di essere meno sole
comunicando con degli sconosciuti. Le amicizie su FB nascono e muoiono
nell’arco di un giorno. Amicizie, se si può usare questo termine, totalmente
fasulle, impostate sulle reciproche gratificazioni e sull’esibizionismo,
rapporti in cui ognuno mostra un se stesso che non corrisponde alla realtà. Lo
so, questo succede anche nella vita di tutti i giorni. Ma su FB la falsità dei
rapporti umani è esaltata al cubo. Avere centinaia di amici su FB con cui relazionarsi
fa sentire “fighi” e ci si illude di contare qualcosa per qualcuno,
nascondendosi in un mondo virtuale che apparentemente protegge dalle delusioni.
Quello di cui molti non sembrano rendersi conto è che
Facebook è un enorme schedario in cui rimangono permanentemente tutti i dati
che vengono inseriti. Orientamento
sessuale, convinzioni politiche, credo religioso, abitudini, tutte
informazioni che spesso finiscono sul profilo e che possono essere usate contro
gli stessi utenti. Un Grande Fratello che ci spia, registra tutto e non dimentica niente.
Ogni foto messa online, ogni aggiornamento del proprio stato, post o blog
rimangono nell’archivio permanente del web.
Una ragazza inglese
è stata licenziata per aver scritto su Facebook, in orario lavorativo “Mi sto
annoiando”. Ad uno psicoterapeuta canadese è stato impedito
l’ingresso negli Stati Uniti ed è stato bandito dal paese quando alla frontiera
si è scoperto, tramite Facebook, che aveva scritto un articolo su un
esperimento fatto 30 anni prima con Lsd.
Facebook è usato dalle aziende per valutare il curriculum
dei candidati, controllando le loro bacheche e i loro profili, e spesso i
candidati vengono respinti sulla base della valutazione delle loro
conversazioni sulle bacheche, o per le appartenenze a gruppi, oppure
semplicemente per foto che non erano gradite. Anche cambiare troppo spesso il
profilo è stato motivo di non accettazione, poichè l’azienda interessata
ha ritenuto che il candidato passasse
troppo tempo sul social network. Secondo un’indagine condotta dalla Microsoft,
il 75% delle aziende usa Facebook per fare ricerche online sui candidati
setacciando tutte le informazioni presenti e passate.
Recentemente è comparso un articolo su L'Espresso che
affermava che i dirigenti della Polizia postale italiana si sarebbero recati a
Palo Alto, in California, per firmare un patto di collaborazione con Facebook
allo scopo di farsi consegnare il passepartout per i profili degli utenti.
E il bello è che tutti corriamo ad auto-schedarci, dando più
informazioni possibili su di noi, in preda
all’edonismo e all’esibizionismo, valori supremi di questo XXI secolo
appena iniziato, collaborando senza volerne prendere coscienza a questa grande
schedatura che restringe sempre di più i confini della vera privacy. La piazza
di Facebook, dove tutti sanno tutto di tutti, è talmente pubblica ed esibita
che non c’è nemmeno più il gusto della scoperta, del rivelarsi poco a poco.
Un meccanismo perverso che tutti noi alimentiamo
continuamente. C’è da chiedersi come abbia fatto Mark Zuckerberg, che dalla
faccia non sembra proprio una cima (ma l’apparenza, su FB, evidentemente inganna anche nel senso
contrario), a creare una trappola così complessa nella sua banalità.
Secondo i cospirazionisti della teoria del complotto, la CIA
avrebbe investito su Facebook più di 40 milioni di dollari per contribuire allo
sviluppo del social network. La grande propaganda creata intorno a FB ha fatto sì
che il portale
diventasse un sinonimo di successo sociale, di popolarità e di buoni
affari. Facebook è presentato come un innocuo sito web di reti sociali che
facilita i
rapporti interpersonali, e con questo modo friendly, basato
sull’understatement, ha sorpassato tutta la concorrenza e polverizzato
qualsiasi tentativo di imitazione, superando oggi gli 800 milioni di utenti nel mondo. 800 milioni
di persone che consegnano la loro vita a questo grande archivio globale.
Le ultime novità di Facebook sono la Timeline, i nuovi
profili e il servizio per la condivisione multimediale. Mark Zuckerberg, dal
palco del recente F8, la conferenza annuale di Facebook, ne ha parlato
annunciando l’avvento di una social-rivoluzione, ma nessuno ha pensato di
precisare che questo maxi aggiornamento portava con sé una nuova minaccia alla
privacy: Facebook ti controlla anche quando ti sei disconnesso. C’è chi ha
scoperto che l’introduzione della nuova piattaforma Open Graph 2.0, necessaria
per sviluppare applicazioni in grado di interagire con la nuova Timeline,
nasconde una sgradita sorpresa: dei cookie traccianti che continuano a
raccogliere informazioni su quello che facciamo online anche quando ci siamo
disconnessi da Facebook. Il Global-Archivio si potenzierà sempre di più e c’è
da augurarsi che non arrivi a prendere coscienza di se stesso, come l’Hal di
“Odissea nello spazio”...
Tutti schedati, quindi? Pazienza. Chi non avrà nulla da
nascondere non se ne farà un problema. Rimane il fatto che la furiosa
“condivisione” a cui si è continuamente sottoposti e sospinti, in primis dai
prodotti Apple che (pur inchinandomi alla memoria del guru Jobs) sembrano
essere “nati per condividere”, dà l’impressione di non essere altro che un modo
per incasellarci tutti quanti, come polli nelle stie, per essere accuratamente
controllati e usati al meglio secondo i criteri della società produttiva.
E come polli nelle stie, non ci rimane molto altro da fare
oltre che pigolare tutto il giorno. Considerando che sinonimi di “pigolare”
sono “cinguettare, frignare, lamentarsi, piagnucolare”, attitudini rese molto
bene dal nome che ha scelto il temibile concorrente di Facebook, twitter,
rassegnamoci e continuiamo a frignare e piagnucolare per il resto della nostra
vita, certi che qualcuno raccoglierà le nostre esternazioni e accuratamente le
archivierà (compresa questa mia lamentela) nel Grande Archivio Galattico del
nostro Social Net-Trap.