Lo sfruttamento degli animali a beneficio della razza umana
passa attraverso varie forme. L’apice più abominevole è quello rappresentato
dagli allevamenti intensivi, dalla vivisezione, dagli animali torturati per
divertire gli uomini come avviene nei circhi, nelle competizioni come i palii e
nelle sagre, o nell’assurda pratica della caccia. Forme di sfruttamento che
vengono universalmente condannate da tutti coloro che amano gli animali.
Ma ci sono altre forme di sfruttamento, più sottili, che
vengono accettate come “normali” e anche incoraggiate.
Mi riferisco ad esempio alla Pet Therapy, o agli animali
usati per trasporto come nel caso delle botticelle romane o dei cani da slitta.
E anche alla moda dilagante dei corsi per “educare” i cani. Educarli a cosa? Ad
essere dei bravi schiavi che rispondono al nostro comando?
Prendiamo ad esempio la Pet Therapy. I centri specializzati
che propongono l’utilizzo di animali per la cura degli umani mettono gli
animali alla stregua di strumenti che devono essere abilitati all’uso preposto.
In molti casi li allevano apposta per quella funzione. Nelle migliori
intenzioni, chi propone questo metodo terapeutico sostiene che l’animale “è
contento” ed “è d’accordo”. In che modo se ne sono accertati? Hanno avuto una
dichiarazione dall’animale? Una liberatoria? Ma suvvia! Gli animali per loro
natura sono esseri molto disponibili, ed essendo in stato di inferiorità
rispetto a noi in quanto devono sottostare alle regole della nostra cultura,
sono ben disposti a collaborare. Ma che siano d’accordo a fare Per Theraphy non
c’è alcuna certezza, a parte quei casi in cui sono loro, di loro spontanea
volontà, ad andare dalla persona malata. In molti casi in effetti gli animali
praticano una loro peculiare terapeutica, e credo che chi vive con un animale
possa testimoniarlo. Ma sono atti liberi e spontanei. La Pet Therapy invece è
una chiara forma di sfruttamento, nella maggior parte dei casi usata per
profitto. Oltretutto gli animali usati nella Pet Therapy per essere abilitati
vengono sottoposti a training complicati, in molti casi al limite del
maltrattamento, per verificare la loro “docilità”.
E che dire della moda degli Sleddog? Anche in questo caso, i
gestori di queste imprese commerciali
sostengono che “i cani si divertono”. Si propongono come amanti degli
animali quando è evidente che gli animali sono il loro mezzo di guadagno. I
cani si divertono? Come no! Li tengono chiusi in gabbia ininterrottamente per
una settimana, ovvio che la domenica quando li liberano siano contenti di
muoversi un po’. E vi sono casi in cui non usano neppure cani da slitta ma cani
a pelo corto. Un altro caso di sfruttamento è rappresentato dalle tristemente
famose “botticelle”, le carrozze a cavalli che portano in giro i turisti. Una
usanza che implica turni faticosi sotto il sole anche nelle ore più calde,
lavoro forzato nel traffico di punta e condizioni spesso insopportabili per
questi docili animali. Un mezzo di trasporto anacronistico in cui il cavallo è
solo una macchina senz’anima.
C’è poi il caso dei corsi di educazione cinofila, che in
questo periodo nascono come funghi. Ora, posso capire che ci siano casi che
richiedono l’aiuto di esperti, come il recupero di un animale traumatizzato. Ma
questi corsi si rivolgono a qualsiasi cane, anche il più tranquillo e
socievole. Educarli a cosa? A perdere la loro personalità e diventare dei bravi
schiavetti che rispondono ai comandi? E’ avvilente e non dà dignità
all’animale.
Potremmo fare tanti altri esempi.
Su Facebook si sprecano le foto di cani e gatti conciati
come dei pagliacci, vestiti da babbo natale, o con cappellino e occhiali da
sole, e cose del genere. Immagini tristissime dell’amico a quattro zampe
mascherato per divertire gli amici.
I nostri amici di specie diversa si prestano al gioco, ci
assecondano perché ci amano di un amore incondizionato. Ma noi amiamo loro?
Sono certa di sì, li amiamo. Ma forse non ci poniamo abbastanza il problema di
che cosa voglia dire dare loro dignità e rispetto.
Negli ultimi vent’anni sono stati fatti dei passi molto
significativi verso i diritti degli animali. In ambito animalista si cita
spesso il Trattato di Lisbona che all’art. 13 riconosce gli animali come
“esseri senzienti”. Eppure continuiamo ad accettare forme di sottomissione che
vengono considerate “normali”, ma che non applicheremmo mai nei confronti di un
essere umano. E’ ancora così lontano il giorno in cui ci porremo il problema di
una parità interspecie?
Viene considerato “normale” separare le famiglie dando in
adozione una cucciolata di cani o di gatti nonostante il grande dolore che
inevitabilmente viene provocato da questo allontanamento. Viene considerato
“normale” mutilare i maschi e sterilizzare le femmine anche quando non
necessario, e gli stessi veterinari, al pari dei più accaniti obiettori di
coscienza, non prendono neppure lontanamente in considerazione altre forme di
sterilizzazione che lascerebbero intatte le funzioni sessuali, preservando così
anche i loro ruoli sociali.
Sono discorsi difficili, lo so. Molte volte anche tra
persone che amano appassionatamente gli animali nascono delle differenze che
dividono anziché unire, e questo di certo non aiuta la causa animalista. Tutti
coloro che amano gli animali sono sicuramente in buona fede e ritengono di
agire nel giusto cercando di salvare più animali possibili da una sorte
avversa. Li si sterilizza per evitare malattie. Si dividono le famiglie perché
insieme non si riuscirebbe a sistemarli.
Io non ho una soluzione per tutti i problemi. Ma parto da un
principio molto semplice: gli animali sono “persone” con una loro dignità,
cultura e identità morale.
Partendo da questo principio, tutto dovrebbe a cascata
portarci a rivalutare il nostro atteggiamento nei loro confronti. Non sono solo
degli esseri da aiutare, non sono degli eterni bambini che devono imparare da
noi. Sono creature senzienti che meritano rispetto e dignità. E in molti casi
sono loro ad insegnare qualcosa a noi anziché il contrario.