mercoledì 21 marzo 2012

Quando i cacciatori sono in famiglia

Provengo da una famiglia di cacciatori.
Padre cacciatore, nonno cacciatore, zii cacciatori, fratelli cacciatori.
Tradizione di famiglia, dicevano.
Un mezzo per socializzare, per tenere la famiglia unita, diceva mia madre.
Una occasione per stare all’aria aperta, a contatto con la natura, per fare un po’ di moto e tenersi in forma, diceva mio padre.
Sono cresciuta vedendo arrivare in casa corpicini martoriati, alle volte alcuni ancora agonizzanti.
A tutti sembrava la cosa più normale del mondo. Le riunioni di famiglia erano incentrate sui racconti di caccia e sui discorsi dei maschi, tipo “quanti tordi hai preso?”... “e beccacce ne hai viste?”... e così via. Le conversazioni vertevano dai richiami da caccia, a come addestrare i cani, agli aneddoti su come riuscivano a “fregare” le loro prede.
Nonostante non avessi mai sentito parlare di animalismo, mi sentivo un’aliena. Non capivo come si potesse gioire nel vedere quegli esseri privati della loro vita, per giunta in maniera così  cruenta e con l’inganno dei falsi richiami.
Oggi mi viene da pensare che soltanto una grande ignoranza poteva giustificare un comportamento del genere, per giunta così diseducativo verso i  figli. 
La caccia tradizione di famiglia? Probabilmente è quello che dicono anche quelle etnie che praticano ancora oggi il cannibalismo. Ma quando le tradizioni sono abominevoli, non sarebbe il caso di prendere in considerazione l’idea di civilizzarsi un po’? Non siamo più all’età della pietra!

La caccia un mezzo per socializzare? Ma compratevi un Monopoli, giocate a battaglia navale! E se proprio, per socializzare, avete bisogno dell’adrenalina, giocate a strip poker, datevi al bungee jumping, iscrivetevi a un fight club! Sarà comunque molto più sano che andare “a contatto con la natura” con lo scopo di uccidere i suoi abitanti.

La caccia un mezzo per tenere la famiglia unita? Beh, non ha funzionato. La caccia è stato proprio l’elemento che ci ha divisi profondamente.




Gli alieni accanto a noi


Molte persone considerano possibile la manifestazione di altre intelligenze nell'universo. Il tema è affascinante anche se pone difficili questioni etiche: se esiste altra vita nell’universo, come si sarà sviluppata la cultura delle altre specie? Il sistema sociale sarà simile al nostro, avranno dei profeti, avranno avuto anche queste altre civiltà un Cristo o un Buddha a cui rendere conto?
Problemi spinosi che probabilmente stanno alla base della cover-up che mantiene l’argomento al di sotto della minima soglia di normalissima informazione: occuparsi di UFO e alieni significa avere del tempo da perdere ed essere come minimo persone stravaganti.
Ma non ci si rende conto che gli stessi pregiudizi scattano quando si cerca di approfondire il rapporto con gli alieni che stanno accanto a noi. Quanti si rendono conto della presenza di intelligenze diverse vicino a noi, fianco a fianco, addirittura in casa nostra?
Mi  riferisco alle forme di vita che coabitano con noi su questo pianeta, comunemente definite "animali".
Oggi per fortuna, chiunque abbia un minimo di  civiltà,  considera normale  tutelare  gli  animali, trattarli  dignitosamente  e,  quando possibile, dare loro ospitalità.
Ma fino a che punto li consideriamo "persone", al nostro pari,  con una  loro  individualità, con una loro  evoluzione  e  autocoscienza? Esseri intelligenti con cui confrontarci e magari, reciprocamente,  apprendere qualcosa gli uni dagli altri?
Spesso  anche chi li tutela e si batte per i  loro  diritti,  trova normalissimo ad esempio "castrarli". Molti veterinari si rifiutano, veri e propri obiettori di coscienza, di adottare metodi di sterilizzazione che permettano agli animali di avere una normale vita sociale. La castrazione è considerata normale, in quanto non è concesso agli animali di avere una propria cultura e socialità. Così come è considerato normale separare intere famiglie, smembrandole e disseminando i piccoli di qua e di là. Proviamo a confrontare questo comportamento con l’ambito della famiglia umana e ci accorgeremo in maniera lampante di quanto grande sia la discriminazione che attuiamo verso i nostri amati animali.
La Pet therapy è considerata una pratica all’avanguardia nella direzione del rispetto dell’animale, ma il dubbio che sia un ennesimo sfruttamento degli animali è forte. Il rapporto uomo-animale, vissuto in assoluta parità, è una conquista ancora molto lontana.
Se ci guardiamo intorno con attenzione, scopriamo che persone civilissime e rispettose della vita altrui, che magari si indignano per i quotidiani atti di inciviltà di cui i giornali sono pieni, trovano normale che gli animali costituiscano le nostre  riserve di cibo. Addirittura, molte persone colte ed informate non hanno una idea precisa delle condizioni in cui versano gli animali negli allevamenti intensivi, o le galline e i polli in batteria. O forse, preferiscono non sapere.
Siamo convinti di vivere un'era di progresso e di civiltà,  eppure permettiamo che altre forme di vita, intelligenze diverse da noi  nella forma e nella cultura, siano quotidianamente torturate, vivisezionate, mangiate. Nel migliore dei casi, sono private della loro dignità di esseri viventi, con una loro coscienza, una loro cultura.
Se si trattasse di esseri provenienti dallo spazio, forse ci  indigneremmo. Con gli animali, è normale.
L'uso degli animali come cibo e come strumento di ricerca medica  si basa  sull'equivoco  che  essi  siano  intellettivamente  "inferiori", incapaci di veri sentimenti e di autocoscienza. Ma su quali basi si può fare un'affermazione simile?
Non c'è alcuna base certa per poter affermare che l'uomo sia intellettivamente  superiore.
Gli animali riservano continue sorprese. Per fortuna oggi esistono seri ricercatori, come l’etologo Eugen Linden, che se ne stanno accorgendo e stanno raccogliendo casistiche impressionanti sulle facoltà degli animali.
Linden ha raccolto filmati che mostrano leopardi che attraversano il fiume in canoa, o cani randagi in Russia che si adattano a fare i pendolari.
Il video del leopardo in una foresta dell’India documenta un caso di amore materno: il suo cucciolo si trovava sulla sponda di un fiume sul punto di tracimare. La femmina di leopardo è riuscita in qualche modo ad attirare l’attenzione di un uomo di una capanna non lontana dalla propria tana, il quale collaborativamente ha avvicinato la canoa alla tana. La femmina di leopardo è salita sull’imbaracazione con la sua creatura, e poi ha poi rivolto la sguardo verso l’uomo, che era ancora a terra, in maniera molto esplicita e invitandolo a salire.
I cani randagi in Russia invece hanno imparato a prendere la metro e ad andare in centro. A centinaia, ogni giorno, scendono le scale, aspettano sulle piattaforme che arrivino le carrozze con gli altri passeggeri, salgono e scendono alle fermate giuste. Pare che ormai riconoscano i nomi delle fermate agli altoparlanti, e scendono a quelle dove la folla è maggiore, dove ci sono più chances di avere del cibo dagli umani.
Esistono in rete video che mostrano il metodo adottato dai corvi per rompere le noci: in Giappone, il corvo ripreso nel video posa la noce su una strada trafficata, attendendo che un’auto di passaggio la rompa. Poi aspetta l’arrivo del semaforo rosso per mangiare la noce senza correre il rischio di essere travolto dalle auto.
Sono solo alcuni esempi, ma potremmo farne a migliaia. Le scimmie conoscono le erbe meglio degli umani e si curano con esse. Gli scimpanzé ad esempio, utilizzano come vermifugo la Vernonia amygdalina che contiene sostanze ad attività antitumorale, antiparassitaria e antimicrobica. I gorilla di montagna usano l'Afromomum angustifolium come antimicrobico dell'apparato digerente. Fanno inoltre uso di erbe che si sono rivelate curative di alcuni tipi di cancro e per l’AIDS. E ancora: usano erbe anticoncezionali.
Da questi (pochi) esempi verrebbe da chiedersi, non tanto se gli animali abbiano sviluppato una intelligenza pari alla nostra, ma esattamente il contrario: siamo intelligenti come loro? Paradossalmente, gli animali dimostrano di conoscere molto di più della nostra cultura di quanto noi non conosciamo della loro. I nostri coinquilini a quattro zampe imparano la nostra lingua, è dimostrato che sono in grado di comunicare con noi. Non è così nel nostro caso: cosa conosciamo REALMENTE del linguaggio del nostro cane o del nostro gatto?
Per non parlare delle facoltà oltre il normale, i poteri straordinari degli animali. C’è una casistica impressionante in merito, ma è un argomento su cui non è il caso di addentrarsi, perchè presteremmo il fianco allo scetticismo dei “conservatoristi delle idee” e si rischierebbe di inficiare anche quei pochi dati inconfutabili che abbiamo citato.
Altro esempio: gli insetti hanno una struttura nervosa completamente diversa  dalla  nostra; ma non per questo si può affermare  che  non siano  intelligenti, basti pensare alla complicata  struttura  sociale gerarchica delle api o delle formiche. Istinto di specie? Allora faremmo bene a  chiederci che cosa sia l'istinto, giacché rivelerebbe facoltà misteriose su cui varrebbe la pena di indagare.
Oggi fortunatamente la sensibilità verso gli animali è in aumento. Eppure anche i meglio intenzionati non so fino a che punto  considerino il proprio cane o il proprio gatto al pari di un alieno  sbarcato in casa loro da un'astronave, un membro di un’altra specie, di un’altra cultura, con cui confrontarsi alla pari.
Fino a che punto cerchiamo veramente di capirli e di comunicare con loro?