giovedì 23 settembre 2010

IL DOLMEN DELL’ “AUTRE-MONDE”

Eravamo alla ricerca di un dolmen nel cuore della Bretagna. Sapevo della sua esistenza, tutte le indicazioni mi portavamo in punto preciso, eppure era introvabile.
Non so perché mi accanivo, ma è normale che mi accada, quando sono sulle tracce di un complesso megalitico. Finchè non lo scovo, non ho pace. E questo dolmen, in particolare, non so perché ma attirava il mio interesse più di altri. Ne avevamo visti a decine qui in Bretagna, anche molto impressionanti, mentre questo dolmen risultava essere non particolarmente spettacolare. Eppure, non so perché ma “dovevo” trovarlo.
Chiedendo agli abitanti della zona ricevevamo indicazioni poco chiare e controverse. Tutti conoscevano il dolmen ma non sembravano collaborativi, come invece sono di solito i bretoni. “Il dolmen? Sì, è proprio laggiù, a poche centinaia di metri, andate sempre dritti”. “Il dolmen? Svoltate a destra e proseguite in quella direzione. E’ proprio lì”. “Non potete sbagliare: andate di là, è lì dietro”. Tutte queste indicazioni discordanti mi incuriosivano ancora di più.
Il sole era quasi al tramonto. Continuavo ad aggirarmi nel punto in cui tutte le mappe convergevano, anche se quando si tratta di megaliti le cartine spesso sembrano voler portare deliberatamente fuori strada. Del dolmen, nulla di nulla.
Sto per salire in auto, quando mi viene un’improvvisa intuizione e decido di fare un ultimo tentativo.
Giancarlo mi attende in auto, io lascio tutto quanto sulla macchina: cellulare, borsa e porto con me solo la telecamera, tanto farò solo poche centinaia di metri, starò via al massimo dieci minuti, giusto un salto per non lasciare nulla di intentato, poi mi rassegnerò e tornerò indietro.
Mi inoltro nel bosco. Il sentiero è diritto, non si può sbagliare. Il posto è incantato, alberi altissimi e fitti tutto intorno. Un silenzio assoluto. Ma del dolmen nessuna traccia. Niente di niente.
Mi inoltro ancora un poco. Faccio qualche passo nella direzione della mia intuizione. Davanti a me si apre una radura… e improvvisamente appare. Il dolmen è lì, compare davanti ai miei occhi come dal nulla!
Sono emozionata, è sempre entusiasmante trovare un monumento megalitico cercato lungamente. Ma questo ha qualcosa di particolare. E’ bello e imponente, ma non è questo che mi colpisce. Sembra abitato. Sembra vivo. La radura è bellissima, immobile nel tempo. Rimango lì, affascinata e come rapita. Quasi mi dimentico di fare le riprese e le foto. Il sole sta tramontando e manda raggi proprio sul dolmen, creando ancora di più un effetto da sogno. Scatto qualche foto, faccio alcune riprese, poi rimango ancora un poco ad assaporare la magia di quel luogo. Non andrei più via.
Non so per quanto tempo sono rimasta lì. Poi mi scuoto, so che Giancarlo mi sta aspettando poco distante e mi costringo a tornare.
Mi incammino nel bosco verso la direzione di partenza. Mi inoltro nella fitta foresta, convinta di fare poche centinaia di metri verso l’auto. Ma succede qualcosa… non so cosa mi capiti, ma non riconosco più il posto. Non è più quello di prima!
So di non avere esattamente il senso dell’orientamento di un piccione viaggiatore, ma sono certa di essere nella giusta direzione, eppure ora è tutto diverso. Non trovo più la strada del ritorno.
Decido di ritornare al dolmen e da lì trovare il sentiero che ho percorso all’andata.
Ma, incredibilmente, il dolmen non c’è più: è sparito!
Capisco che qualcosa non va. Intanto si sta facendo buio Sono priva di cellulare, orologio, bussola. Non è da me separarmi da questi elementi di sopravvivenza, eppure è successo. Sono persa nella profondità dell’Argoat, senza cellulare, senza possibilità di comunicare, non so nemmeno quanto tempo sia passato da quando ho iniziato questa assurda spedizione!
La cosa, invece di preoccuparmi, mi diverte… persa nel cuore della Bretagna! Se non fossi in pena per Giancarlo, che sicuramente si sta chiedendo che cavolo mi sia successo, rimarrei lì ad aspettare che qualche abitante del Piccolo Popolo venisse in mio soccorso.
E’ ormai buio e cammino spedita verso quella che “sento” sia la direzione giusta, pur senza punti di riferimento.
Non so quanto ho camminato, ma alla fine approdo ad una strada di transito. In realtà non c’è nessuno che transita, nessuna indicazione, non c’è anima viva. La strada non è quella che abbiamo percorso all’andata. Cammino velocemente e finalmente vedo una casa, una piccola e rassicurante casetta bretone. Suono per chiedere informazioni. Mi apre un signore con l’aria molto cordiale, tipica dei bretoni. Gli spiego in francese quello che mi è successo e subito mi invita ad entrare. Stava apprestandosi a cenare, con la moglie. Le casette bretoni non sono solo belle e accoglienti viste da fuori: dentro lo sono anche di più. Dice alla moglie: “questa signora ha perso son homme”.  E lei, rivolgendosi a me: “beh non mi sembra una cosa così negativa…” Tipico umorismo bretone. La signora continua: “perché non si ferma a cena con noi?” E’ una situazione paradossale. Chiedo di fare una telefonata e chiamo Giancarlo. Naturalmente non risponde, sarebbe troppo semplice. Probabilmente è già stato alla gendarmeria e immagino squadre di gendarmi mentre perlustrano i boschi alla mia ricerca. Il padrone di casa si versa un aperitivo e mi invita a fargli compagnia. Gli rispondo che mi piacerebbe molto, ma prima ho qualche piccolo problema da risolvere: sono nel cuore della Bretagna, di notte, senza documenti, senza soldi e non so dove ho lasciato auto e fidanzato. Sarà per un’altra volta. Mi congedo da questi simpatici signori, convinta che non mi potranno aiutare, pronta ad andare a girovagare sperando che un miracolo mi permetta di ritrovare l’auto con dentro Giancarlo, così come l'avevo lasciata. Ma il signore simpatico non vuole sentir ragione. Quando i coniugi bretoni si convincono che non voglio né cenare con loro né condividere i loro alcolici, il signore simpatico decide di venire con me per aiutarmi a ritrovare “mon homme”. La signora sembra dispiaciuta che me ne vada, io mi scuso molto per tutto ‘sto trambusto e finalmente usciamo.
Il signore bretone mi fa salire su un camioncino bianco un po’ sgangherato e ci avviamo per la strada buia (ormai è notte). Io cerco di individuare un’auto scura… dopo un po’ di giri, eccola! L’auto è proprio lì, e dentro c’è Giancarlo! Il quale mi dirà poi che ha girato come un matto per cercarmi, sia in auto che a piedi, mi ha chiamato a gran voce e stava ormai per andare alla gendarmeria dandomi per dispersa.
Quando mi vede scendere da quel camioncino, la sua espressione è quella di uno che è indeciso se picchiarmi o abbracciarmi. Il simpatico signore bretone dice “non sembra molto contento di vederla, vede che avrebbe fatto bene a fermarsi a cena?”
La vicenda si è conclusa con grandi strette di mano e con evidente sollievo da parte di tutti.
Sarebbe fin troppo facile pensare che tutto questo è successo per la mia mancanza di senso dell’orientamento. E’ facile dire “ti sei semplicemente persa nel cuore di una foresta della Bretagna”.
Quando abbiamo raccontato questa vicenda ad alcuni amici bretoni, immaginate la mia sorpresa nell’apprendere che quel dolmen è al centro di racconti di sparizioni, di strane apparizioni, di gente che si è persa nel bosco. Si racconta che un tempo questo dolmen fosse usato da un mago che praticava incantesimi al suo interno. La sua specialità era quella di far sparire luoghi e persone, per poi farli ricomparire. Si dice che nei tempi bui delle persecuzioni ai danni dei druidi, ci fosse chi si riparava all’interno del dolmen e diventasse invisibile. Si racconta anche che quel dolmen sia una porta dimensionale. Un passaggio verso l’”Autre-monde”.
Voglio rispettare la cautela dei Nativi del posto che evidentemente non a caso mi davano indicazioni sbagliate per non farmelo trovare. E voglio rispettare anche l’incantesimo che ancora oggi sembra funzionare.
Non darò indicazioni su quel sito. Ma le foto e le riprese le ho conservate, almeno finchè l’incantesimo non si estenderà alla magia moderna e non ne farà sparire anche le tracce digitali.

EQUINOZIO

Gli ultimi raggi del sole al tramonto hanno lasciato posto ad un chiarore crepuscolare che fa intravedere appena le figure che si muovono nella fitta foresta. Presto la luna piena sarà l’unica fonte di illuminazione. Non abbiamo bisogno di torce. Il plenilunio è più che sufficiente. Armor e Argoat si incontrano in un amplesso fuggente. Qui possono esistere insieme, come il giorno insieme alla notte, come il nero insieme al bianco. Insieme senza perdere le loro specifiche identità.
Nel sentiero si scorgono le figure con ampie vesti bianche che si muovono in silenzio per preparare l’evento. Si rimarrà qui fino ai primi raggi del sole, poi tutti torneranno nelle loro case, ai quattro angoli della Bretagna e del mondo. E’ un sogno o è la realtà? Quello che succederà stanotte si chiuderà in una bolla , come se nulla fosse successo, un frammento di spazio-tempo che rimarrà impresso nella memoria di chi l’avrà vissuto, e sarà reale solo per chi crederà che questa realtà esista davvero.
Per tutti gli altri, tutto ciò non esiste. I Nativi non esistono. I Druidi neppure.
Lasciamo l’Isola che non c’è e torniamo nelle nostre case.
Eun Alban Elved! Buon Equinozio di Autunno! ARA ARA HNANHTE!

lunedì 20 settembre 2010

ARMOR, ARGOAT


IL VUOTO E IL PIENO

Equinozio d'Autunno
Armor, Argoat, le due anime della Bretagna. Due termini celtici che significano “terra del mare” e “terra dei boschi”. Queste due definizioni hanno molte interpretazioni e sono ciò che caratterizza maggiormente lo spirito della Bretagna. Armor è l’aspetto estroverso, appariscente e coinvolgente, Argoat è l’aspetto nascosto e interiorizzante. Il concetto di “vuoto” e “pieno” della Kemò-vad dei Druidi è ben rappresentato da questi due termini. Han e Ham, secondo un linguaggio ancora più antico, sono le due contrapposizioni di “vuoto” e “pieno” che si uniscono nella dimensione “neutra” dello Shan. Han è Armor, Ham è Argoat. La dimensione orizzontale di Armor, simboleggiata dal mare, si incontra con la dimensione verticale di Argoat, simboleggiata dagli alberi delle foreste. Armor, il confine della costa, Argoat, l’interiore della foresta.
L’antico nome della Bretagna era Armonica, che deriva da Armor. Infatti è l’aspetto esteriore, quello che si manifestava apertamente. L’Argoat non veniva mostrato, perché apparteneva alla dimensione intima della comunità. Queste due anime sembrano in contraddizione, eppure in Bretagna convivono e fanno parte dell’attuale identità bretone. La Bretagna è una terra martoriata da guerre di religione e di conquista. L’antica Armonica, la terra di Asterix, ha subito le invasioni dei romani e dei cristiani. I Britanni cristianizzati l’hanno invasa sottomettendo i menhir alla nuova religione e ponendovi sopra le croci cristiane, erigendo basiliche, creando parrocchie che raccogliessero le comunità sotto l’egemonia della Chiesa. Plou, che in bretone significa parrocchia, è il prefisso di moltissimi nomi di paesi della Bretagna, ad indicare che la comunità è stata egemonizzata dal cristianesimo. Ma come per le storie di Asterix, gli armoricani non sono mai stati veramente assimilati. Lo spirito celtico non è mai morto, si è semplicemente nascosto sotto le ceneri. Il druidismo si è mantenuto vivo nascondendosi nelle pieghe della nuova religione. I riti cristiani non lo sono mai veramente, perché sono mescolati ad usanze pagane. I “Pardon”, cerimonie religiose che si svolgono ogni anno in tutti i paesi della Bretagna, spesso officiati da druidi con la veste cristiana, sembrano una sfida al cristianesimo: l’evidenza di una spiritualità che non è mai morta. Non a caso, sembra che la chiesa locale voglia abolirli. Ma dubito che ci riuscirà, sono troppo radicati.
Un tempo, nel territorio di Carnac c’era una delle più importanti scuole druidiche. Ne è rimasta la testimonianza attraverso migliaia di menhir, nei numerosi dolmen e tumulus della zona. La scuola druidica di Carnac ha continuato ad officiare i suoi riti tra i menhir fino ad una ventina di anni fa. I menhir di Carnac, famosi in tutto il mondo, ormai da circa 20 anni sono stati ingabbiati e recintati per impedirne l’accesso. C’era addirittura il progetto di farne un parco di divertimenti chiamato “Menhirland”. I bretoni si sono organizzati in gruppi di protesta, la Ecospirituality Foundation ha portato il caso all’ONU e per fortuna siamo riusciti a bloccare il progetto iniziale. Ma i menhir continuano ad essere recintati, e vengono aperti (come contentino) solo due giorni all’anno in occasione delle “journées européennes du patrimoine”. E’ commovente potervi appoggiare di nuovo le mani e vedere la gioia delle persone mentre tornano a passeggiare tra i menhir.
Oggi i druidi officiano i loro riti nell’Argoat, nel cuore delle foreste. Sarà per questo che anche la foresta di Brocéliande è a rischio: il progetto scellerato di farne una immensa discarica è stato fermato solo in parte. Le proteste delle associazioni locali, a cui la Ecospirituality Foundation ha dato supporto e visibilità, hanno ottenuto nel marzo scorso il blocco del progetto da parte del Tribunale Amministrativo di Rennes. Ma la prefettura ha ignorato la sentenza e ha disposto di procedere con il progetto. Guerre tra autorità locali che purtroppo hanno sempre solo una conseguenza: la distruzione dei luoghi sacri dei Nativi. Ovviamente la battaglia non si ferma, anche in virtù della vittoria del marzo scorso.
E intanto, nell’Argoat, si vive un’altra dimensione, incontaminata. Sono giorni particolari, i Druidi si danno convegno per l'Equinozio.  Una dimensione incantata e senza tempo che fino ad ora nessuna forza politica o religiosa, nei millenni, è riuscita a distruggere.

martedì 14 settembre 2010

LE MILLE ANIME DELLA BRETAGNA

UNIVERSO MULTIDIMENSIONALE


12 Settembre
La Bretagna è stata cantata e descritta in mille modi, da poeti e cantori di tutti i tempi. Armor e Argoat, le due anime che la compongono e la definiscono, vogliono significare il confine tra due dimensioni che fanno parte entrambe di una stessa esperienza. La Bretagna è una terra strana. Sembra una terra ai confini dell’infinito. Finistère, regione nella Bretagna del nord, significa “fine del mondo”. E’ questa la sensazione che dà la Bretagna: quella di essere ai confini del mondo. Struggente, selvaggia, malinconica e allo stesso tempo poetica e piena di ottimismo, come i suoi abitanti. Questa è la Bretagna.
Una terra con mille anime. L’anima dei menhir e dei megaliti, l’anima dell’antica tradizione druidica mai morta nonostante le repressioni. L’anima modernista, protesa verso la tecnologia e il futuro. L’anima dei poeti e degli artisti, sempre orientati verso nuove esperienze. Il folklore, l’artigianato, i paesaggi così diversi da un dipartimento all’altro: un po’ Scozia, un po’ Australia, un po’ Irlanda… potrei continuare all’infinito.
Una delle nostre attività principali, quando siamo qui, è la ricerca di luoghi megalitici per noi ancora inesplorati. Armati di cartine e navigatori satellitari, nonché dell’attrezzatura cinefotografica, partiamo con il nostro furgone sulle tracce di una imponente opera megalitica considerata come un tumulus, ma che in realtà si presenta come una vera e propria piramide antesignana di quelle egizie.
I tumulus, come le piramidi egizie, vengono considerati per luogo comune come delle tombe funerarie, ma risulta ormai chiaro anche ai moderni ricercatori che in realtà si tratta di templi in cui si officiavano riti iniziatici.
Il tumulus oggetto delle nostre ricerche si trova a Dissignac, nei pressi di Saint-Nazaire.
In effetti la struttura è imponente e viene considerata, insieme alla piramide di Barnenez, uno dei complessi megalitici più importanti della Bretagna.
Sia nei tumulus che nelle piramidi egizie erano realizzate strutture architettoniche che simboleggiavano stati interiori dell'individuo e modelli mistici del cosmo. Una tesi che contraddice l'idea che i tumulus e le piramidi egizie fossero solo dei monumenti funerari. Recenti ricerche portano a considerare che la struttura architettonica della piramide abbia avuto come precursore storico il tumulus apparso sul suolo del continente europeo migliaia di anni prima che comparisse la civiltà egizia.
La piramide di Dissignac viene fatta risalire al 4500-4000 a.C. Realizzata con la posa di pietre a secco su quattro terrazzamenti, possiede una circonferenza di 120 metri e una altezza di circa sette metri. Al suo interno vi sono alcune camere raggiungibili da ciascuno dei due ingressi attraverso corridoi paralleli lunghi circa undici metri.
Le nostre escursioni alla ricerca di megaliti ci fanno scoprire dimensioni parallele che ci compaiono davanti all’improvviso, castelli antichi che si materializzano davanti ai nostri occhi, scenari incantati che ci danno effetti particolari. Sembra tutto un po’ onirico e in fondo non ci stupiamo più di tanto. Anche questo fa parte del viaggio.
Armor e Argoat… dimensioni diverse combinate insieme.
La tradizione antica è protesa verso il futuro. I Nativi anche qui sono tutto fuorché persone ancorate al passato: è scena comune vedere delle signore bretoni negli internet café intente a consultare i loro computer.
Qui in Bretagna non c’è bisogno di andare a cercare le esperienze e le cose particolari. Sono loro che ti vengono a cercare. Come andare tra gli scogli e trovare un amico musicista che ti esegue un concerto di cornamusa con pezzi tratti dal repertorio del LabGraal. O assistere ad un assurdo corteo con rappresentanti dei vari paesi celtici, vestiti in costumi tradizionali abbinati a parrucche clawnesche, sintomo di quell’umorismo bretone tipico di chi non ha bisogno di prendersi sul serio per essere credibile. Oppure andare in un sito megalitico e assistere ad una meditazione bretone fatta con il pendolo radiestesico. O vedere un matrimonio tra i menhir. I Nativi del posto trovano molto naturale svolgere le loro attività più importanti tra i menhir, a riprova del fatto che la tradizione druidica non è mai tramontata ma fa parte integrante della vita dei bretoni.
I numerosi “Pardon”, le cerimonie religiose che si svolgono nelle parrocchie dei vari paesi bretoni, sono un misto di tradizioni pagane e cristiane. Il clero è preoccupato e minaccia di sospenderli, come da notizia pubblicata in questi giorni da Ouest-France. Per lo stesso motivo, i menhir di Carnac continuano ad essere ingabbiati in quanto simbolo di una spiritualità che non deve esistere.

NON SOLO VACANZA

CIACK, SI GIRA!

9 Settembre
Siamo qui in Bretagna con molti scopi. Ad esempio girare due video: uno sulla Kemò-vad e un filmato musicale imperniato sul LabGraal. Luca, nella sua veste di regista, che ha già precedentemente dimostrato la sua abilità nella regia, sembra piuttosto disperato per l’indisciplina degli attori, per le esigenze della produzione (nella persona di Giancarlo) e per le mille idee della sottoscritta che mentre si gira un video vorrebbe farne altri 10.

La location in effetti è da brivido. La distesa di terra che si sporge sull’oceano e le onde che sommergono le rocce sono uno spettacolo che cattura e rapisce. Uno spettacolo continuo, senza pause, senza intervalli, e sempre diverso. Grandioso.
Danzare nel vento, secondo la tecnica della Kemò-vad, è già di per sé una magia. Farlo qui in Bretagna, sugli scogli della Cote Sauvage o in mezzo ai grandi menhir ancora liberi, nel vento e sotto le nuvole che corrono, è a dir poco esaltante. Sembra di essere immersi in una dimensione senza confini precisi, senza più avvertire il distacco tra sé e l’universo.
La tecnica millenaria della Kemò-vad, così come ci è stata tramandata proprio dalle consorterie druidiche della Bretagna, è un dono preziosissimo che non deve essere dimenticato.
Dagli incontri sviluppati nel tempo con la Comunità druidica di Paimpoint, io e Giancarlo abbiamo avuto l’occasione di conoscere un mondo che i libri di storia hanno dimenticato e di cui ormai non si parla più. Una tradizione nata al tempo della grande civiltà che esisteva sul continente europeo prima ancora della grande Babilonia del passato o dei fasti dell’Antico Egitto.
Queste persone, incontrate presso la fontana di Barenton tanto tempo fa, ci hanno aperto un’inaspettata porta su una dimensione solitamente ben nascosta e, di fatto, invisibile alla storia ordinaria. La musica, anche in questo caso, come in altri incontri straordinari della nostra storia, è stato il maggior elemento di comunicazione e di unione. Giancarlo a seguito di questi incontri ha sviluppato la sua tecnica nel suono del flauto e l’esperienza della Nah sinnar, la musica del Vuoto. Per parte mia, è grazie a questi incontri che ho potuto sviluppare una particolare impostazione della voce, secondo una tecnica di derivazione sciamanica. E’ stato così che abbiamo appreso la Kemò-vad, considerata una preparazione all'attività marziale dello Za-basta. Sotto la guida di uno dei druidi di Paimpoint abbiamo scoperto i benefici psicofisici e spirituali della Kemò-vad e l'importanza della divulgazione di questa antica disciplina.
Girare il video della Kemò-vad in Bretagna è non solo appassionante ma anche simbolico. E’ una esperienza iniziata qui, non poteva esserci scenario più adatto.
Altra storia è il video musicale. Il regista è scontento, insoddisfatto, non gli va bene niente, mugugna, borbotta. Quando fa così, ormai noi lo conosciamo, bisogna lasciarlo fare. Ci scambiamo alzate di sopracciglia in silenzio, perché sappiamo che è nella sua fase creativa e siamo certi che sta “partorendo”.

mercoledì 8 settembre 2010

BEPRED BREIZH, BRETAGNA PER SEMPRE

UN'ALTRA AVVENTURA

6 Settembre
La Bretagna non finirà mai di stupirmi.
Ogni volta arrivo qui con la sensazione di aver già visto, assaggiato e assaporato tutto di questa terra, e invece ogni volta devo ricredermi.
Non so da quanti anni veniamo periodicamente qui. Per me è una tappa abituale che segna i momenti salienti della mia vita.
E’ una sorta di ritiro spirituale, un luogo dove mi sembra di entrare in una bolla spazio-temporale in cui chiudo i circuiti con l’esterno e mi ritrovo di fronte a me stessa e alla mia vita.
Una fermata ristoratrice e rigenerante. I rumori intorno a me sono attutiti, come se nulla potesse entrare nella “mia” bolla.
Il territorio di Carnac in particolare, sembra vivere un “suo” tempo peculiare. Si arriva qui stanchi morti per il lungo viaggio e per tutte le cose lasciate in sospeso a casa, tra lavori, progetti, attività.
Ma ben presto il “tempo di Bretagna” ha il sopravvento: una forza misteriosa ferma ogni aspettativa e residuo di corsa inerziale per lasciare posto solo ad una sorta di fluire, dove non c’è bisogno di fare assolutamente nulla ma rimane solo da lasciarsi andare senza opporre resistenza.
I giorni prendono a scorrere lenti, tutto rallenta, tutto ha un suo senso e insieme non ne ha alcuno.
Restare ore a guardare le onde dell’oceano che si infrangono sugli scogli della Côte Sauvage. Passare un tempo infinito a discutere con i Labs di fisica quantistica, universo olografico e ipotesi sul dopo-morte, seduti al nostro solito baruccio. Cadere addormentati sotto le stelle, cullati dall’aria dolce della Bretagna. Fare Kemò-vad nel vento e con il rumore del mare, o di notte tra i menhir. Gioire per la pioggia battente che canta sui vetri della mansarda. Il richiamo di Madre Terra si fa pressante e ci invita ai suoi ritmi e alla sua danza.
La nostra casetta bretone ha nel suo giardino un pozzo antico che esercita su di me un particolare richiamo. Nell’atmosfera incantata di questa terra, le fontane e i pozzi sembrano emanare una forza misteriosa, depositari di desideri e messaggi raccolti e custoditi nel tempo. Sembra di poter vedere i viandanti passati davanti a quei pozzi attraverso i millenni, ognuno con il suo fardello di aspettative, progetti, pene, desideri. I pozzi raccolgono e conservano tutto questo. Chissà quali messaggi contiene il nostro, lì nel giardino?
Il territorio di Carnac è considerato uno dei più salubri della Francia: bassissimo tasso di mortalità e di malattie. I Nativi americani definiscono “vortex” l’energia che pervade certi particolari punti del pianeta, territori considerati terapeutici. Luoghi dove si avverte una sensazione di benessere. Lo abbiamo potuto constatare in Arizona, a Tucson, così come in Scozia e in altri posti considerati sacri dai Nativi del posto. I druidi definivano questi vortex come i punti energetici di Gaia, il nostro pianeta. Se questa teoria è fondata, a Carnac deve esserci la presenza di un vortex, un vortice di energia terapeutica, energetica e allo stesso tempo rilassante. Probabilmente la presenza di migliaia di menhir e insediamenti megalitici c’entra con tutto questo. I megaliti, secondo i Nativi del posto, hanno diverse funzioni. Sono templi spirituali eretti dall’antico popolo che abitava queste zone migliaia di anni fa. Ma hanno anche una funzione terapeutica: attivano i punti energetici di Gaia come una sorta di agopuntura. Combinati insieme, creano un vortice di energia terapeutica e magica che i druidi sapevano indirizzare a molteplici scopi. Tutto questo, qui in Bretagna, è considerato normale: ancora oggi gli abitanti trovano naturalissimo andarsi a “curare” tra i menhir per ogni sorta di disturbi.
Il nostro interesse maggiore è rivolto proprio a loro, i megaliti. Ce ne sono a migliaia, e nella zona di Carnac esiste la maggior concentrazione.
Avendo alle spalle decine di escursioni tra i menhir del Morbihan, la regione di Carnac, venendo qui abbiamo la sensazione di averli già visti praticamente tutti. Ma ogni volta siamo smentiti. Capita che incappiamo in dolmen impressionanti, proprio sotto casa, dietro l’angolo. Come quello che abbiamo visitato nei giorni scorsi, antico di 6.000 anni, enorme, con più stanze comunicanti. Eccitati dalla scoperta, ci siamo messi sulle tracce di altri dolmen e tumulus ancora inesplorati. Ne abbiamo trovati molti altri, di dimensioni importanti, poco conosciuti e non compresi nei soliti itinerari turistici. Ogni volta è entusiasmante, perché ci sembra di metterci in contatto con chi li ha costruiti e con la cultura che attraverso di loro viene trasmessa.

LABGRAAL IN BRETAGNA

SI PARTE!

1 Settembre
Il momento più bello di un viaggio è la partenza. Almeno per me. Quando il LabGraal parte per un viaggio, che sia Australia, USA o Bussoleno, al momento della partenza si verifica immediatamente una regressione infantile. Saliamo sul pulmino e subito sembriamo dei bambini di 5 anni in vacanza: gags, scherzi da prima elementare, tipo “Hai preso il provskhbbcloso?” “eeeeehhhhh?” “PRRRRRRRR!”… e così via.
Stiamo viaggiando verso la Bretagna su un pulmino carico fino all’inverosimile, tra strumenti musicali, attrezzatura video, strumenti elettronici, effetti personali, libri e quant’altro. Ognuno di noi ha pensato: tanto sul pulmino c’è posto, e ci stiamo portando dietro una marea di bagagli. La Bretagna è una meta abituale per il LabGraal e come sempre il programma è denso. Abbiamo in progetto la realizzazione di due video, incontri con amici musicisti e artisti bretoni per lavori futuri sia musicali che teatrali. Io e Giancarlo continueremo il nostro lavoro per la salvaguardia dei luoghi sacri di Carnac e Brocéliande insieme all’associazione Menhirs Libres e alle associazioni della foresta di Brocéliande. A Carnac ci sta aspettando un avamposto di amici e fans con cui faremo escursioni a caccia di siti megalitici ancora inesplorati. La Bretagna è per noi una fonte continua di ispirazione.
Ad essere sincera
, da quando convivo con persone di altre specie, che per motivi pratici non posso portare con me, non parto proprio a cuor leggero. La mia partenza anche questa volta è stata turbata dalla tristezza nel lasciare i miei coinquilini felini, i quali non hanno fatto nulla per rendere più facile il distacco. L’espressione di Maya vale più di 1.000 parole, quando vuole farmi sentire in colpa. In quanto a Michelle, è partita per una delle sue solite missioni, spesso coincidenti “casualmente” con i miei viaggi.
Stiamo attraversando la Francia di notte, sotto un fantastico cielo stellato che sembra più immenso che mai. Come da copione abituale, Gianluca guida, Giancarlo brontola, io e Luca facciamo una gara tra navigatori TomTom, Iphone e Ipad, Andrea consulta il suo manuale stradale tascabile cm. 50 x 50 del 1930. Come in ogni viaggio notturno con il Lab, le discussioni infinite vertono sul sistema di nutrimento. Ci sono sempre i soliti due schieramenti: Gianluca e Giancarlo vorrebbero andare avanti a panini senza mai fermarsi; io, Luca e Andrea vorremmo fermarci tranquillamente in un ristorante e cazzeggiare senza fretta intorno ad un tavolo (siamo in vacanza, mica ai lavori forzati!). Discussioni infinite e alla fine nessuno è soddisfatto: i panini non vengono preparati, ristoranti aperti in Francia di notte è impossibile trovarne. E così, come ogni sacrosanta volta, rimaniamo a stomaco vuoto finché non ci accontentiamo di qualche panino trovato fortuitamente in qualche autogrill miracolosamente aperto.
Un viaggio con il Lab è sempre un’avventura. Avvengono incontri particolari, come lo strano gnomo incontrato stanotte in mezzo alla Francia che ci ha salvati in una situazione difficile. Eravamo senza fari per un improvviso guasto, di fronte a due alternative: o viaggiare al buio o fermarci fino a domattina. Ci siamo fermati ad uno dei rarissimi autogrill aperti su questo tratto di strada e uno strano signore anziano, piccolo di statura e con modi d’altri tempi, ci ha detto di non preoccuparci. Ha fatto una telefonata e in un baleno è arrivato un meccanico che ci ha riparato il guasto. Era già abbastanza curioso che in quell’autogrill avessero proprio le lampadine che servivano per la nostra auto. Ma fin qui potevamo pensare semplicemente di essere stati molto fortunati. Tuttavia salutandoci, il signore minuto ha detto a Giancarlo, in francese: eh io so chi sei! E tu sai chi sono io, vero? E si è dileguato. Non è raro che quando viaggiamo ci capitino cose strane. Sarà per questo che ci mettiamo in viaggio con la sensazione che stia sempre per succedere qualcosa di particolare.
Siamo ormai quasi arrivati. I menhir ci aspettano, tra poco saremo nuovamente in mezzo a loro per farci raccontare un altro frammento della loro storia.