domenica 23 agosto 2009

UN CONCERTO PER UN SOGNO




La magia si è ripetuta un’altra volta. “The Lab-Effect” si è verificato di nuovo. Possiamo essere a Melbourne o a Rocchetta Tanaro, a Roma o a Carnac, ma l’effetto non cambia. Tra noi e il pubblico è sempre lo stesso feeling, ci si riconosce in una unica esperienza fatta di speranza, di voglia di libertà, di lotta per un mondo migliore. Ed è sempre un pubblico che comprende il nostro spirito e la nostra intenzione di regalare la nostra musica per delle buone cause. Il pubblico è con noi, sempre. Abbiamo suonato per il sogno di un uomo, Guy Mary, fondatore di Menhirs Libres, ora non più tra di noi. Un sogno che abbiamo fatto nostro: quello di vedere un giorno i Menhirs di Carnac di nuovo liberi, senza quelle orribili griglie che li imprigionano e che impediscono ai popoli autoctoni della Bretagna di accedere al loro massimo luogo sacro. Una battaglia per un simbolo e per i diritti spirituali di un popolo nativo europeo. Avevamo già suonato altre volte al Fest-Noz di Carnac ed è sempre stato esaltante. Si può ripetere un successo stratosferico? Sì, si può. E forse anche superarlo. E’ successo ieri sera, e la magia era palpabile. Sono arrivati in massa, da Francia, Italia, Inghilterra, Svizzera, Belgio. Migliaia di persone che entravano senza sosta nell’area dei Menhir del Kermario, venute per noi. Persone che dopo il concerto ci dimostravano autentico affetto e comprensione per la causa per cui ci battiamo. Durante le danze scatenate non c’erano più barriere: tutti si riconoscevano in un unico spirito e si guardavano gli uni con gli altri come se si conoscessero da sempre. E’ l’effetto-Lab. Ormai lo conosciamo. Quando suoniamo, mi sembra di percepire anche le persone più lontane tra la folla: vedo ognuno di loro calamitato verso il palco, attento e concentrato come se partecipasse ad un rito magico con migliaia di persone. So per certo che qualcosa rimane in ognuno di loro, così come succede a noi. Su quel palco, tra i Menhir e le nuvole della Bretagna, mentre suonavamo dando come sempre il massimo, dentro di me filosofeggiavo e mi sentivo l’essere più fortunato della terra. Percepivo Madre Terra, e per assurdo mi sembrava di essere in contatto con lei come se non esistesse nient’altro intorno a me, solo silenzio. Ma contemporaneamente vivevo una simbiosi con i miei compagni sul palco e con tutto il pubblico. Difficile da descrivere a parole. Non è stato un semplice concerto, né un consueto Fest-Noz. Credo che tutti se ne siano accorti. C’erano molti simbolismi in questa serata: l’unione tra Popoli naturali di diverse etnie, la lotta per un ideale comune, i personalismi di alcuni che tendevano ad ostacolare la serata per poter emergere (ma senza riuscirvi), il grande rito del nostro concerto che ha creato una catarsi collettiva. Credo che anche Guy fosse presente e gioisse insieme a noi. E i Menhir, silenziosamente e con il loro solito aplomb, approvavano.

1 commento:

  1. Non ho potuto venire in bretagna ma grazie al tuo blog ho potuto seguire quasi in diretta l'evento e condividerne la magia, quasi come se fossi stato li anche io:). Grazie, un abbraccio:))

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