venerdì 25 dicembre 2020

La strana storia del Graal

Vi voglio raccontare una storia. Una storia natalizia, o forse è meglio definirla solstiziale.
Vi racconto la strana storia del Graal.
In tempi immemori, nella notte dei tempi, quando forse ancora gli uomini non avevano le sembianze che hanno ora, è successo un evento che ha segnato profondamente la storia dell’umanità.
E’ sceso qualcosa, qualcuno, dal cielo. Proveniente da fuori del pianeta. E questo evento sarebbe fatto risalire a questo periodo dell’anno, intorno al Solstizio d’Inverno.
Un evento molto misterioso che ha ispirato miti, leggende, tradizioni.
Come il mito del Graal. O di Fetonte.
Sembrano favole, eppure…
Come è possibile che tutti i popoli della Terra abbiano memoria di questo evento? Certo, è una leggenda. Una sorta di fiaba. Ma ogni popolo del pianeta ha la stessa fiaba?
Le leggende parlano di un dono che in epoche ancestrali qualche essere misterioso avrebbe fatto all’umanità di allora, un dono che avrebbe provocato un salto evolutivo aiutando l’umanità a liberarsi dei grandi giganti che la stavano opprimendo, che usavano gli uomini di allora come cibo e come schiavi.
Praticamente, come noi oggi trattiamo gli animali.
Di questo mitico dono disceso dal cielo si parla ad esempio nella leggenda irlandese dei Tuatha de Danann, così come nel mito persiano di Mithra, o anche nelle leggende Hopi.
Lo stesso Babbo Natale dell’usanza nordica, questa figura strana e misteriosa che arriva dal Nord e ci porta doni, o l’albero addobbato sotto il quale vengono posati i regali, sembrano esempi di questo evento, che si trasmette da un lontanissimo passato.
Le leggende fanno risalire questo evento nel periodo del Solstizio d’Inverno.
Non dimentichiamo che il Solstizio d’Inverno ha un alto valore simbolico perché simboleggia la vittoria del Sole sulle tenebre, come nel simbolo druidico del Sole Nero, che rappresenta l’eclisse.
È un simbolo di rinnovamento e rinascita, quindi un’occasione di riflessione e rinnovamento personale. E in effetti è indubbio che in questo periodo dell’anno si è più portati a riflettere, a fare bilanci della propria vita, anche in prossimità del nuovo anno visto come un nuovo ciclo di esistenza.
Le festività del 2020 purtroppo saranno ricordate come un momento molto buio a causa della pandemia. Ma come dice il motto druidico, poi adottato dalla Riforma, Post Tenebras Lux, alle tenebre succede sempre la luce.
Tornando al Graal, che cosa rappresenta questo oggetto misterioso, di cui molte tradizioni si sono appropriate, una su tutte quella cristiana? L’esoterismo cristiano lo ha cooptato facendolo diventare la coppa in cui Giuseppe d'Arimatea raccolse il sangue di Cristo dopo la sua crocifissione. Del resto il simbolo del Graal era centrale nella spiritualità druidica, tanto da non poter essere soppiantato, ragion per cui la Chiesa lo ha fatto proprio, sovvertendone il significato.
Il Graal in altre tradizioni era visto come una pietra verde, associata allo smeraldo. “Lapsit Exillis”, la pietra venuta dal cielo, è la definizione del Graal che ha dato il cavaliere medievale tedesco Wolfram von Eschenbach.
Anche il mito di Babbo Natale, che nell’iconografia siamo abituati a vedere vestito di rosso, in realtà nella tradizione nordica la figura che ha dato origine al mito e che nei Paesi anglofoni viene chiamato Santa Claus, porta il vestito verde. Un riferimento allo smeraldo caduto dal cielo?
Secondo la tradizione dello sciamanesimo europeo, il Graal rappresenta un evento e contemporaneamente una profezia. L’evento è riferito alla storia di una tradizione proveniente da fuori del pianeta, ricordata anche dal mito di Fetonte. Una consorteria di esseri misteriosi, potremmo definirli alieni, che sarebbero discesi sulla Terra molti milioni di anni fa e avrebbero aiutato gli uomini di allora ad evolvere e a liberarsi delle creature che li tenevano prigionieri.
La profezia è riferita al cammino evolutivo interiore dell’individuo, le potenzialità sopite da risvegliare.
Tuttavia il Graal rimane comunque un simbolo strano e misterioso. Vi siete mai chiesti come mai questo simbolo ricompare periodicamente nella storia? Sembra non muoia mai.
Nell’alto medioevo, è comparso come per caso nel libro “Le Roman de Perceval” di Chrétien de Troyes, nel 1.100. Nel libro si narra di una strana processione in cui compare il Graal, ma non spiega di che cosa si tratti. È considerata la prima opera letteraria che fa cenno al Graal, e da quel semplice accenno farà da modello ai molti successivi romanzi ispirati alla leggenda del Graal. Da allora verrà ricordato nella letteratura, nei libri e ai giorni nostri, anche nei film.
Ma che cos’è realmente il Graal?
Seguendo il filo della leggenda, da questo strano dono avvenuto in epoche arcaiche, sono nate tradizioni presenti ancora oggi sulla terra.
Facendo un sincretismo delle leggende che riportano questo evento, si possono trovare dei punti in comune. Il ricercatore Giancarlo Barbadoro, studioso dello sciamanesimo druidico, ha tracciato una storia fissando gli elementi che coincidono nelle varie tradizioni:
“Ai primordi della storia dell’umanità, una creatura divina, da alcuni identificata nella figura dei mitici Elohim, scende dal cielo e dallo smeraldo che porta sulla sua fronte, creature semidivine, custodi dell’Eden primordiale, ricavano una coppa di conoscenza che viene consegnata ad Adamo ed Eva.
Quando i due progenitori vengono cacciati dal paradiso terrestre, la Coppa passa di mano in mano, dal tempo dell’Eden sino alla terra d’Egitto, dove viene custodita da Osiride che con essa rende grande il suo regno. Dopo la morte di quest’ultimo, ucciso da Seth, la coppa del Graal va perduta.
Viene ritrovata dal faraone Ekhnaton, che tenta di ricostruire l’antico splendore, ma dopo la sua morte essa rimane preda dei figli di Seth e viene portata in salvo sulla Terra Iperborea, dove viene gelosamente nascosta e protetta.
Secoli dopo sarà compito di Re Artù e dei Cavalieri della Tavola Rotonda, guidati da Merlino il druido, il tentare di recuperarla attraverso le lande europee per portarla al castello di Camelot dove rifondare il perduto Eden.”

Prendendo spunto dalle varie interpretazioni che vengono attribuite al Graal, possiamo fissare alcuni punti fondamentali:
- Il Graal compare e scompare nella storia e lo vede solo chi lo sa vedere.
- Il Graal rappresenta una conoscenza antica.
- Il Graal rappresenta una ricerca spirituale.
- Il Graal è un oggetto immateriale, non fisico.
Questa storia, cosa ci può suggerire a livello personale?
E’ indubbio che questo periodo dell’anno non lascia indifferenti, e non solo per la strenua ricerca dei regali o delle ricorrenze. C’è qualcosa che va oltre tutto questo.
Si diventa riflessivi, si fanno bilanci sull’anno che sta per concludersi, si fanno progetti su quello a venire. Ma soprattutto, è come se ci si aspettasse qualcosa, anche se non sappiamo esattamente cosa.
E se fosse il ricordo ancestrale di quello che è successo milioni di anni fa?
Se conservassimo, nel nostro profondo, una memoria di ciò che è successo?

sabato 28 novembre 2020

Esiste Dio?

Ne esistono tanti? E in questo caso chi sono?
Da sempre l’umanità si confronta con questo problema.
E’ rassicurante pensare che esista una entità che ci protegge, che pensa a noi, a cui rivolgerci in caso di bisogno, a cui chiedere aiuto.

Ma è anche un modo per non crescere, per non trovare forza in noi stessi.
Da sempre l’individuo di ogni tempo ha cercato un’entità superiore a cui rivolgersi e a cui chiedere dei favori, dei miracoli. Solo che quando queste richieste vengono inascoltate, e il più delle volte succede, si va in crisi mistica.
Tutto sommato è assurdo affidarsi a un dio superiore con il potere di vita e di morte, e ci sarebbe da chiedersi che razza di Dio sarebbe, questa entità che propone tanta sofferenza all'umanità.
Le religioni, che si fanno interpreti dei loro dèi, hanno risolto il problema proponendo un’idea della sofferenza che ci aiuterebbe a crescere e ad acquisire punti per l’aldilà.
Ovviamente queste superstizioni portano poi a reazioni uguali e contrarie, come l’ateismo, che altro non è che una reazione alla religione, sostituendosi alla religione stessa.
E tuttavia, come possiamo pensare che sia tutto qui? Come possiamo pensare che l’universo che ci ha partorito non sia a sua volta parte di un tutto infinitamente più grande?
Noi siamo nati, faremo un percorso di vita, moriremo. Già questo può far pensare all'assurdità di questo percorso. Perché nascere se poi dobbiamo morire?
Giancarlo Barbadoro, il grande pensatore, diceva: “perché c’è qualcosa invece di niente? Che cosa ci sarebbe stato se ci fosse stato solamente il niente? Che cosa sarebbe stato il “niente”? È mai esistito il niente?”
Grandi domande filosofiche che tuttavia sono molto reali.
Ma se noi siamo stati buttati in questa bottiglia energetica, e poi inevitabilmente ne usciremo, come pensare che sia tutto qui? Come pensare a un tale spreco di energia?
Ma anche questo è un pensiero prodotto dalla mente, forse per rassicurarci e per consolarci dell’assurdità della nostra condizione esistenziale.
Tuttavia forse possiamo fare qualcosa per non rimanere semplicemente impotenti davanti ad interrogativi enormi che però fanno parte della nostra esistenza di vita.
Esiste dio? Esiste qualcosa oltre il nostro orizzonte percettivo? Oltre il visibile?
Un modo per sperimentare una risposta al nostro grande interrogativo lo possiamo trovare nella meditazione.
Se la percezione della nostra esistenza è prodotta dai sensi e dalle interpretazioni della mente, possiamo chiederci cosa ci sia oltre la mente.
Noi non siamo fatti solo di corpo e di mente. Abbiamo anche una percezione del trascendente, che va oltre la mente. Altrimenti non si spiegherebbe la ricerca infinita che l’umanità si è sempre posta dai suoi albori.
Il problema forse sono state le interpretazioni di questo bisogno da parte delle religioni, che hanno completamente travisato questa ricerca di trascendente mettendo di mezzo profeti e profetini.
In più c’è l’immenso calderone della New Age che ha aggiunto confusione alla confusione, e promettendo la luccicanza dell’invisibile non fa che portare l’individuo ad un binario morto.
Per fortuna esistono le Tradizioni dei Popoli naturali, quei popoli che non si sono lasciati assimilare dalle grandi religioni della società maggioritaria e che hanno mantenuto un rapporto con il Trascendente basato sull'osservazione del fenomeno.
Questi Popoli, che esistono su ogni continente, basano la loro spiritualità nel rapporto con Madre Terra. Un rapporto che definiscono Ecospiritualità.
Un rapporto con la Natura che non è solo di tipo ecologico ma anche nel riferimento a un grande segreto cosmico di cui la Natura è depositaria. Questo rapporto porta a disegnare una società diversa, basata non sul profitto e sull'accumulo dei beni ma sul concetto di ascesi spirituale.
Questo accade anche in Europa, dove lo sciamanesimo druidico è ben vivo e presente e rappresenta una speranza per l’umanità.
Questi popoli vedono nella meditazione un modo per attivare un contatto personale con il Trascendente, per andare oltre la mente.


giovedì 1 ottobre 2020

Appunti di viaggio. Danimarca - Svezia, Settembre 2020

Primo giorno a Copenhagen. Ci siamo subito fiondati al National Museum di Copenhagen per vedere finalmente dal vivo il mitico Calderone di Gundestrup. Dopo che avevo visto tante immagini, vederlo dal vivo è stato emozionante. L'intero museo è stato una continua emozione: per chi è appassionato della storia dei Celti e delle origini dei Nativi europei vedere i reperti che testimoniano una storia tanto antica, epica e gloriosa, che ci ha lasciato reperti raffinatissimi (altro che rozzi barbari) è commovente. Il museo offre un taglio della storia che rende giustizia ai popoli pre-cristiani. Trasmette una visione poetica e mistica dello sciamanesimo a cui solitamente non siamo abituati. Altra mentalità.

Secondo giorno in Danimarca. Tour megalitico nella regione dello Zealand. Stiamo scoprendo che questa terra è disseminata di reperti megalitici, antichi templi risalenti a 5.000 anni fa eretti da un popolo che chi ha riscritto la Storia vuole farci dimenticare. Testimonianze di antiche religioni pre-cristiane. Per noi che coltiviamo questa passione, trovare queste tracce è entusiasmante perchè fanno parte delle nostre radici di Nativi europei. Tuttavia la nostra ricerca non è affatto facile poiché nonostante si colga l'attenzione con cui queste installazioni vengono preservate, si nota anche la difficoltà nel reperire informazioni utili.

Continua il nostro tour in Danimarca alla ricerca di reperti sulle nostre origini storiche di Nativi europei. Sappiamo che il territorio è disseminato di megaliti, ma ci sono scarsissime indicazioni che permettano di individuarli, anche perché spesso queste indicazioni sono solo in danese. E così ci i affidiamo alla nostra indole di detective dell’impossibile e soprattutto al nostro intuito. Di certo non ci arrendiamo, e la nostra determinazione di solito viene premiata. E’ successo anche oggi, giornata

fortunata per degli Indiana Jones allo sbaraglio che spesso, alla mal parata, si avvalgono anche di strumenti poco convenzionali come il pendolino radioestesico. Oggi abbiamo fatto il pieno di scoperte: tumulus impressionanti, dolmen, menhir, pietre coppellate. La zona era la regione Zealand e soprattutto l’isola di Mon, un’isola che oltre ad uno scenario spettacolare (dichiarata patrimonio dell’Unesco) detiene il primato in fatto di monumenti megalitici. Il che rivela che un grande insediamento di queste popolazioni ha vissuto e fatto base qui per molto tempo, anche se non se ne sa nulla poiché non vengono mai fatte serie ricerche sull’argomento.

Qui in Danimarca è rarissimo vedere qualcuno con la mascherina, anche al chiuso. Eppure non vedo la gente morire come mosche. Non si parla di Covid, si fa vita normale. Meraviglioso, sembra di essere usciti da un incubo.
Del resto secondo i sondaggi la Danimarca è tra i Paesi più felici del mondo. Sarà per l’accesso gratuito all’istruzione, o per l’assistenza sanitaria pubblica gratuita. O per la relativa mancanza di criminalità e corruzione. Indubbiamente questo Paese vanta un alto livello di uguaglianza e un forte senso di responsabilità comune per il benessere sociale. Forse lo spirito vichingo ancora aleggia e si sente.

Una giornata di relax per prepararci alle prossime escursioni.
Ne abbiamo approfittato per visitare la Città Libera di Christiania, un esperimento sociale molto particolare. Christiania è un quartiere parzialmente autogovernato della città di Copenhagen, a cui il governo ha attribuito uno status semi-legale come comunità indipendente. E’ stata fondata negli anni ’70 da un gruppo di hippy che occuparono una base navale abbandonata. Visto che il governo non è mai riuscito ad espellere gli occupanti, I residenti sono riusciti a raggiungere un accordo per il riconoscimento di Christiania come suolo autogestito. La comunità è basata sul principio dell'autodeterminazione e della proprietà collettiva, ed è concessa la libera circolazione delle droghe leggere. Oggi si presenta come un centro sociale ben riuscito, un modo intelligente da parte del governo di risolvere una situazione difficile.
Dopo la visita a Christiania abbiamo gironzolato nella città più felice del mondo. Sarà per l’assenza di mascherine? Sarà perché alle 16 cascasse il mondo tutti se ne vanno a casa a farsi i fatti loro? Fatto sta che si respira un’aria rilassata che coinvolge. E i danesi ci stupiscono per la loro apertura e il senso di socialità comunitaria a cui non siamo abituati.

Erano quasi riusciti a spaventarci. Quasi quasi desistevamo. Invece una volta di più abbiamo potuto toccare con mano lo scollamento tra la realtà immaginaria, la narrazione di ciò che “deve” apparire, e ciò che in effetti è. Ne avevamo già avuto una avvisaglia all’aeroporto di Caselle, quando al check-in ci hanno fatto preoccupare perché sprovvisti di un modulo secondo loro importantissimo, senza il quale saremmo stati fermati ad Amsterdam. Grande stress nel cercare in tutta fretta il modulo e stamparlo con mezzi di fortuna, per poi accorgerci che ad Amsterdam, così come anche a Copenhagen, di questo modulo non gliene poteva fregare di meno. Nessuno si è sognato di chiedercelo.
La stessa cosa è successa oggi: avevamo programmato di andare in Svezia, ma sui siti governativi davano notizie allarmanti circa i controlli alla dogana. Per chi non avesse ancora capito sto parlando di questa situazione allucinante dovuta alla pandemia e alla presunta fase di emergenza che secondo la narrazione del mainstream non sarebbe ancora conclusa.
Se avessimo desistito ci saremmo privati di una giornata meravigliosa. Non solo non c’è stato nessun controllo, così come non abbiamo visto l’ombra di una mascherina, ma soprattutto non avremmo potuto assaporare dei siti megalitici più unici che rari, spettacolari e inseriti in uno scenario tanto selvaggio quanto dolce e arcaico.
E che dire del famoso Oresund, il ponte sia stradale che ferroviario di 15 km che collega la Danimarca alla Svezia? Per una appassionata di thriller scandinavi e serie TV nordiche è quasi obbligatorio attraversarlo.
Quello che mi rimarrà nel cuore, di questa giornata, è l’impatto con le grandi pietre, inalterate nel tempo, sentinelle di un passato che nonostante i tentativi di soppiantarlo non muore ed è proteso verso il futuro.

Mi ero riproposta di fare un’altra visita al Museo Nazionale di Copenhagen e ne è valsa la pena. Non basta qualche ora per visionare una tale raccolta di preziosi reperti preistorici, soprattutto con una chiave di lettura come quella che abbiamo ereditato da Giancarlo. Mi sono nuovamente soffermata a lungo sul Calderone di Gundestrup, un’opera esoterica di valore immenso per chi è sulle tracce delle proprie radici native. Il Museo è molto esaustivo e sottolinea la magia dello sciamanesimo mettendo in risalto l’arte divinatoria, la scienza e la spiritualità di questi nostri lontani progenitori. Fratelli che non abbiamo avuto modo di conoscere più a fondo, ma che nonostante questa cover up hanno lasciato dei messaggi nelle loro opere e nei reperti che si rivelano essere in grado di attraversare la Storia e raggiungere coloro che li stanno cercando.
Altra nota positiva di questo Museo è che non solo si può fotografare e riprendere qualsiasi cosa, ma addirittura i custodi ti aiutano ad illuminare meglio i reperti. Oltre che darti spontaneamente spiegazioni sugli oggetti esposti.
Dopo il Museo, una foto con la Sirenetta era d’obbligo. La Sirenetta, The Little Mermaid, è diventata l’immagine-simbolo di Copenhagen. Percorso obbligato per i turisti. Questa scultura è un omaggio a Hans Christian Andersen, poeta e scrittore danese, e raffigura la sua fiaba più famosa, appunto La Sirenetta. Questa statua è stata spesso
oggetto di vandalismo, l’ultimo dei quali è avvenuto di recente e mai rivendicato. Sulla base della statua si intravvede tuttora la scritta “Racist fish” (pesce razzista). E’ difficile da capire, ma il motivo sarebbe la versione del cartone animato della Walt Disney in cui compare un "pesce nero" con labbra carnose, immagine che ricorda lo stereotipo degli afroamericani. Da aggiungere ai danni del politically correct portato all’estremo.

Ultimo giorno in Danimarca. Non sapevo cosa aspettarmi da questo viaggio-studio ma è stato infinitamente al di là di ogni aspettativa. Sicuramente mi porterò nel cuore i luoghi che ho visitato, le persone che ho incontrato, i colori incredibili di questo cielo nordico che cambia ogni momento, l’atmosfera di benessere e di positività che irradia dalle persone. Ora capisco perchè la Danimarca, secondo il World Happiness Report delle Nazioni Unite, è stata eletta come il Paese più felice del mondo. Del resto a Copenhagen esiste il Museo della Felicità, una esposizione permanente che definisce i motivi per cui la Danimarca ogni anno si aggiudica questo primato.
Questo ultimo giorno lo abbiamo dedicato al Vikingeskibsmuseet di Roskilde, il museo dei drakkar vichinghi affacciato su un fiordo incantevole. Il museo ospita 5 navi vichinghe di diversi tipi, dal cargo alla nave da guerra, compreso l'unico knarr (imbarcazione norrena a scopi commerciali) recuperato in buone condizioni. Vedendo lo stile di queste imbarcazioni ci si può rendere conto della loro essenzialità e modernità. E se pensiamo alla raffinatezza della gioielleria vichinga ci troviamo di fronte a un mistero: un popolo di guerrieri coraggiosi e temerari che hanno esplorato il pianeta attraversando i mari e nel contempo hanno prodotto manufatti ricercati oltre che poemi profondamente mistici e spirituali. Con una società altamente democratica in cui tutto veniva deciso dall’assemblea del popolo, e in cui donne e uomini avevano gli stessi poteri. Chi erano in realtà queste società così evolute? Un mistero irrisolto.
Abbiamo voluto concludere questo viaggio visitando ancora altri luoghi megalitici, tumulus e allineamenti di menhir. E’ più che evidente il legame tra questi popoli che vengono definiti Celti o Vichinghi a seconda dei territori, ma che in realtà si tratta di una stessa cultura, con riferimenti comuni.
I tumulus erano luoghi di iniziazione, i cerchi di pietre luoghi di assemblee e riti collettivi. Gli allineamenti di menhir erano definiti come una guida che accompagnava verso “l’altro mondo”.


 

giovedì 13 agosto 2020

Michelle 1999-2019

Michelle ci ha lasciati. Un altro pezzo di me che se ne va. Se ne è andata il 12 ottobre 2019, poco dopo la scomparsa di Giancarlo.
Abbiamo vissuto in simbiosi per 20 anni. Mi piace pensare che tu sia insieme a Giancarlo.
E visto che dobbiamo compiere questo strano percorso in questa dimensione, nessuno ci ha ancora spiegato perché, mi piace pensare che vi ritroverò entrambi.
"Michelle ma belle..." Quanto ti piaceva quando te la cantavo! Sei sempre con me.
 

 
 

 

lunedì 10 agosto 2020

Giancarlo

Giancarlo Barbadoro ha lasciato questo mondo il 6 agosto 2019. E' venuto a mancare un grande artista, un poeta, un guerriero, uno sciamano. Nella sua esistenza ha sempre combattuto per i più deboli, dai Popoli indigeni agli animali, soprattutto per questi ultimi per i quali nutriva un grande amore. Lascia un vuoto incolmabile nella mia vita e in quella di tutti coloro che lo hanno conosciuto.
Pochi giorni fa correva l’anniversario della sua morte e questa data è stata celebrata in maniera intima nell’Ecovillaggio di Dreamland, il posto che più amava e dove aveva fatto erigere un grande cerchio di pietre per dare continuità alla cultura celtica.
Da un anno a questa parte sono stati molti i momenti che lo hanno ricordato, molto è stato scritto su di lui, numerose anche le iniziative per celebrare un personaggio che ha dedicato la sua vita agli altri, umani e non umani. Era giornalista, poeta, scrittore, musicista. E grande attivista per i diritti degli animali. In ognuno di questi settori ha lasciato il segno ed è stato celebrato. L’Ordine dei Giornalisti del Piemonte gli ha dedicato nel novembre scorso una cerimonia e una targa con la scritta: “A Giancarlo Barbadoro, versatile ingegno, scrittore, giornalista, curioso del bello e del buono, sperimentatore di armonie celesti e appassionato della vita: di questa e dell’altra. Un grato e imperituro ricordo”. Il Tavolo Animali & Ambiente, costituito dalle più importanti associazioni animaliste e ambientaliste italiane, nel settembre scorso gli ha dedicato una serata di musica e poesia. È stato ricordato anche nell’ambito del Consiglio Regionale del Piemonte in un convegno animalista condotto dal garante dei diritti degli animali Enrico Moriconi, e nel gennaio scorso gli è stato dedicato un grande concerto dal titolo “The Last Shaman” a cui hanno partecipato molti artisti del sodalizio “Artists United for Animals” di cui era fondatore insieme a me. Giancarlo era un precursore in molti campi. Il suo amore per la Natura e per tutti i suoi abitanti lo avevano portato a concepire la filosofia dell’ecospiritualità, termine coniato insieme ai capi dei consigli tribali delle nazioni indigene con cui era in contatto all’ONU. Per diffondere la filosofia ecospirituale ha fondato la Ecospirituality Foundation, ente in stato consultativo con le Nazioni Unite, la cui commissione più attiva è SOS Gaia per la divulgazione di un pensiero antispecista. A distanza di un anno, gli eredi del suo messaggio lo hanno voluto celebrare con una cerimonia intima nel luogo che lui amava di più: l’Ecovillaggio di Dreamland, da lui fondato e dove aveva fatto erigere un grande cerchio di pietre per dare continuità alla cultura celtica.
Giancarlo ha passato la sua vita a raccogliere testimonianze storiche e brandelli della Tradizione dei Nativi europei in quanto riteneva che la nostra storia di europei così come ci viene raccontata non renda giustizia a ciò che siamo. Noi abbiamo una storia infinitamente più antica, diceva; più complessa, anche più epica. Una storia di amore per la Natura e per tutti i suoi abitanti, a qualsiasi specie appartengano.
Proprio per dare testimonianza di queste nostre origini ha fondato l’Ecovillaggio di Dreamland, a dimostrazione di un passato che non è mai morto ma al contrario è ancora vivo e vitale in quelle comunità autoctone che si definiscono Famiglie Celtiche. L’azione di Giancarlo ha germogliato anche in Africa, dove la vita è dura per gli umani e ancor più per gli animali. Eppure nella Repubblica Democratica del Congo Giancarlo ha fondato il rifugio per animali “Sauvons Nos Animaux” che salva migliaia di animali ogni anno. Un rifugio gestito da Paterne Huston Bushunju e dai suoi volontari, che a loro volta hanno eseguito un rito in ricordo del fondatore del rifugio, in concomitanza con quello celebrato in Italia. Paterne ha dedicato parole toccanti al fondatore del rifugio, così come anche il poeta del Camerun Brice Tjomb con cui Barbadoro ha scritto un libro di poesie che facevano parte della campagna per la salvaguardia della montagna sacra del Camerun Ngog Lituba, portata anche all’attenzione dell’ONU. Anche in Benin l’azione di Giancarlo ha germogliato: infatti è nata la Ecospirituality Foundation Benin, gestita da Ange Yvon Hounkonnou, anch’egli autore di un messaggio molto commovente a lui dedicato.
In occasione dell’anniversario della sua morte, gli eredi del suo messaggio ecospirituale hanno organizzato una cerimonia celtica nel luogo che più amava, nel cerchio di pietre che aveva fortemente voluto per dimostrare che la tradizione dei Nativi europei non è mai scomparsa. La cerimonia è stata celebrata al suono della cornamusa suonata da Luca Colarelli, membro del gruppo LabGraal a cui Giancarlo partecipava nella doppia veste di poeta e flautista. L’attrice Gabriella Pochini, membro di “Artists United for Animals”, ha recitato con molto pathos la poesia di Giancarlo “L’Universo vivente”, creando commozione tra i presenti. Chantal Schelaye ha letto invece una poesia del poeta camerunense Brice Tjomb composta appositamente per l’occasione, di cui citiamo un estratto: “È da un anno che ti cerco nel firmamento, Durante ogni meditazione, ogni pensiero, Vorrei sentire la tua voce; Ma incontro solo il silenzio parlante, Nel sussurro del vento, Nel fragore della tempesta, Nel canto dell’uccello che annuncia l’alba, Nel bambino che piange; Nel scorrere dell’acqua del ruscello; Nel profondo del mio cuore, ti sento.”
È stata la volta di Marco Petrillo che ha letto uno scritto molto coinvolgente da parte del rappresentante della Ecospirituality Foundation Benin, Ange Yvon Hounkonnou. Ecco un passo: “Ho scritto il tuo nome sulla sabbia, Ma l'onda l'ha cancellato. Ho inciso il tuo nome su un albero Ma la corteccia è caduta. Ho scolpito il tuo nome nel marmo, Ma la pietra è rotta. Ho seppellito il tuo nome nel mio cuore E il tempo lo ha mantenuto e lo manterrà per sempre.” Alice Fardin ha invece letto un accorato messaggio di Paterne Huston Bushunju, responsabile rifugio Sauvons nos Animaux della Repubblica Democratica del Congo, fondato da Giancarlo. Eccone un passaggio: “Caro amico Giancarlo, il tempo ha lenito il dolore senza cancellarlo. Hai molto amato, hai molto donato. La tua memoria è per sempre impressa nei nostri cuori e anche il nostro amore per te è altrettanto forte. Il tempo può scivolare via, ma non cancellerà mai dai nostri cuori ciò che sei stato per noi. Continuiamo la tua battaglia per salvare il pianeta.” Alla lettura dei messaggi è seguito un momento molto emozionante quando il musicista armeno Maurizio Redegoso Kharitian, anch’egli membro di “Artists United for Animals”, ha eseguito con la sua viola un antico brano musicale armeno dell’anno mille, scelto per la circostanza.
La cerimonia è poi proseguita con una processione del tutto particolare. Giancarlo era uno studioso della cultura celtica e del simbolo per eccellenza di questa cultura, il Graal. È stato il Graal che lo ha fatto incontrare con coloro che sarebbero stati i suoi compagni di viaggio nel percorso musicale e non solo, e che ha dato il nome anche al gruppo musicale “LabGraal”. Il simbolo del Graal è il principale di quattro simboli peculiari della cultura celtica, detti i “4 gioielli”, emblematici per il profondo significato che esprimono e poiché rappresentano una vera e propria via spirituale.
È particolare anche il fatto che questi quattro simboli si ritrovino in tutte le antiche tradizioni del pianeta. Il Graal, simbolo principale della cultura celtica, ha fatto la sua comparsa nella storia medievale in un romanzo scritto nel 1190 da Chrétien de Troyes, il “Perceval”, una sorta di iniziazione religioso-cavalleresca incentrata sul mistero del Graal e dei 4 Gioielli. Chrétien de Troyes è una figura molto misteriosa: sono incerte le date di nascita e di morte, si presume che sia vissuto in Bretagna e si ipotizzano frequenti viaggi in Cornovaglia e Galles a contatto con il druidismo locale. Nel “Perceval” il Graal compare in una sorta di processione molto misteriosa, che non viene spiegata, e lo stesso simbolo è citato senza alcuna spiegazione.
Eppure da quel momento quei pochi versi relativi al Graal nel "Perceval" di Chretien hanno segnato profondamente la cultura europea: il Graal, da allora, è diventato oggetto di innumerevoli racconti, di infinite varianti, di ricerche e manipolazioni. Il cavaliere e scrittore tedesco Wolfram Von Eschenbach ha ripreso nel 1210 l’incompiuto “Perceval” di Troyes scrivendo il “Parzifal”, in cui il Graal viene definito come “Lapsit Exillis”, la “pietra venuta dal cielo”. Il Graal è stato uno dei principali filoni di ricerca di Giancarlo, che a questo simbolo associava anche un altro elemento simbolico: la figura di Fetonte. Ecco perché si è voluto concludere la cerimonia con la strana processione descritta da Chrétien de Troyes nel suo Perceval. I quattro doni sono stati portati in corteo nella “Processione del Graal” accompagnati dalla cornamusa di Luca Colarelli e preceduti da Gianluca Roggero, portatore della bandiera dell’Ecovillaggio. Quattro persone hanno sfilato portando altrettanti simboli: la ruota forata, simbolo della ruota d’oro lasciata da Fetonte agli uomini, il triskel, simbolo della dimensione ternaria dell’individuo, il pugnale, simbolo di morte e rinascita, e l’ultimo, il più importante, il Graal, simbolo di conoscenza e armonia. Questa processione particolare si è conclusa al Nemeton, il santuario creato appositamente in ricordo di Giancarlo, dove sorge un alto menhir ai piedi del quale sono stati deposti i quattro simboli. A conclusione della cerimonia, i presenti sono stati invitati ad appendere un nastrino colorato agli alberi del boschetto, in ricordo del momento e come dono a Giancarlo, secondo le usanze celtiche.
Giancarlo è stato un riferimento per molti, è stato definito un visionario, un precursore, uno sciamano. Eppure lui non voleva essere definito. Nella sua estrema semplicità era se stesso, e magari nemmeno si accorgeva del vortice che si creava intorno a lui. Un vortice benefico, liberatorio, che lasciava il segno in tutti quelli che lo hanno incontrato. Aiutava tutti, umani e non. Soprattutto gli animali, per i quali nutriva un amore incondizionato.
Giancarlo non voleva tristezza intorno a sé. Men che meno voleva provocarla. Ecco perché noi che abbiamo raccolto la sua eredità intellettuale siamo determinati nel portare avanti la sua missione, quella di dare un contributo per un mondo migliore, per il pianeta e per tutti i suoi abitanti, di qualsiasi specie.



lunedì 7 gennaio 2019

Artisti che amano gli animali


E’ fatta! Ho trovato la quadratura del cerchio! La Teoria del Tutto.
La mia vita è sempre stata segnata da due grandi passioni: la musica e gli animali. Ogni volta che ho potuto, queste due passioni le ho fatte incontrare, organizzando eventi musicali benefit per gli animali, o anche essendo coerente nel rifiutare qualsiasi proposta che contrastasse in qualche modo con il benessere animale.
Ma in una gelida mattina di dicembre ho avuto l’illuminazione. E come spesso succede, la folgorazione è avvenuta sotto la doccia. Era così semplice!
Unire tutti gli artisti che amano gli animali per diffondere un messaggio antispecista che raggiunga più persone possibile. Ecco l’idea.
Appena uscita dalla doccia, ancora grondante d’acqua, ho subito telefonato ai miei compagni di avventura del LabGraal. I quali si sono mostrati subito entusiasti: “idea carina…”, “non male…”, “massì, perché no, si può provare…”
Mi sono messa a fare salti di gioia perché, conoscendoli, sapevo che questo era il massimo che potessi aspettarmi da loro.
E così l’idea ha preso forma. Il progetto si chiama “Artists United for Animals”.
La mia dose di gratificazione comunque l’ho avuta quasi subito, poiché a due giorni dalla fatidica doccia è uscito un articolo su La Repubblica a firma Gabriella Crema che ha paragonato l’impresa al super gruppo Band Aid creato da Bob Geldof 34 anni fa. (Gabriella, condivido il tuo Think Big!)
Volutamente il nome è in inglese, perché, a proposito di Think Big, vogliamo lanciare l’idea a livello internazionale e coinvolgere il maggior numero di artisti di tutto il mondo. Abbiamo intenzione di rivolgerci a tutte le arti, dalla musica al mondo del cinema, dalla pittura alla fotografia, dalla letteratura alla poesia. Qualsiasi forma d’arte è gradita. Unici requisiti: amare gli animali ed essere antispecisti, e non sempre le due cose vanno a braccetto. E’ sempre più numeroso il popolo degli amanti degli animali, ma siamo sicuri di dar loro parità? Di rispettarli nelle loro peculiari culture, di non imporre loro la nostra mentalità, i nostri ritmi, le nostre esigenze? E’ un discorso difficile, un problema che io stessa mi pongo ogni giorno. Ma se si vuole davvero dare dignità ai nostri fratelli diversi, è un problema da affrontare.
Ritengo che gli artisti abbiano una grande responsabilità: quella di avere la possibilità di diffondere dei messaggi a un vasto pubblico. Ecco perchè l’intenzione è fare in modo che questa possibilità sia usata per un atto di giustizia, un contributo per una sollevazione delle coscienze verso il problema delle altre specie, abusate e usate in tutti i modi possibili dal genere umano.
L’iniziativa è nata dal nostro gruppo LabGraal, ma vogliamo radunare intorno a noi tutti coloro che sentono “visceralmente” come noi il problema della sofferenza degli animali. Un problema che non può lasciare indifferenti e che non è accettabile. Vogliamo fare qualcosa per i nostri fratelli diversi, e intendiamo usare la nostra arte per uno scopo nobile.
Il progetto è subito piaciuto a molti degli artisti che conosco, e lanciando la proposta su Facebook moltissimi mi stanno contattanto da tutta Italia per aderire.
In men che non si dica, abbiamo un nome, un logo, un manifesto, un sito web e uno statuto. Segno che l'idea "doveva" per forza andare avanti.
Come se ci fosse una trama già scritta, il nuovo anno ci ha portato una sorpresona: Stefano Milla, il “nostro” regista che ci ha diretti nel film Shan dove i protagonisti eravamo noi, i cinque membri del LabGraal, è piombato direttamente da Los Angeles alla nostra festa di Capodanno. L’anno è quindi iniziato con la “benedizione” del progetto da parte di una persona a noi molto cara, che ha promesso di darci una mano oltreoceano.
Ho la sensazione che questa iniziativa possa crescere e ingrandirsi più di quanto non immaginiamo. Le idee non mancano, ad esempio quella di fare un grande concerto invitando artisti di fama internazionale. E sono certa che Stefano, dall’altra parte del mondo, ci procurerà qualche testimonial d’eccezione.
Ma tutto quello che faremo, tutte le idee, le iniziative, gli eventi, dovranno avere un unico scopo: quello di sollevare le coscienze e fare in modo che più persone possibili si rendano conto dell’abiettitudine con cui vengono trattati gli animali sul pianeta. Non dovrà esserci egocentrismo nelle nostre performances, bensì solo ed esclusivamente la consapevolezza di realizzarle con l’obiettivo di diffondere un messaggio di rispetto e dignità per gli animali.
Sono convinta che questa idea nasca da loro, gli animali che hanno guidato la mia vita. Ed è un grande regalo, poiché sono certa che lottare per gli animali significhi lottare per un mondo migliore per tutti. La logica che porta ad usare gli animali nei modi più abominevoli denuncia il vero volto della società, una logica di cui tutti siamo vittime inconsapevoli. Vittime di una società che ci impone il consumo di prodotti animali e la sperimentazione su questi stessi per opportunismo e ignoranza a favore dell'arricchimento di pochi, che ci spinge a una produttività sfrenata oltre i reali bisogni, che ci impedisce di essere liberi e di sviluppare la nostra creatività nel contatto con il silenzio interiore.
Aiutare gli animali significa impostare i valori di una futura società più giusta e armonica dove non vi siano discriminazioni speciste e in cui tutti possano godere di valori improntati alla fratellanza e all’armonia. Una rivoluzione.
La prima riunione dei fondatori si è conclusa con una frase storica di Giancarlo che, nella sua veste di poeta, ha pronunciato queste parole emblematiche: “Siamo come degli avventurieri, liberi pensatori che camminano sulle ossa del tempo per portare la civiltà su questo pianeta”.
 
Chi vorrà unirsi a noi sarà il benvenuto!

giovedì 30 agosto 2018

La Casa delle Lapidi


A Bousson, presso la Valle Argentera, ci si imbatte in un misterioso edificio costruito nel 1600 e recentemente restaurato. Non se ne conosce il significato né la sua funzione, e non si sa chi lo abbia costruito e il perché.
E’ la Casa delle Lapidi, una costruzione interamente decorata appunto da lapidi realizzate da ignoti artigiani, evidentemente esperti nell’arte della scultura in pietra, che hanno voluto lasciare una testimonianza di trascendenza con frasi che sollecitano a una vita ascetica e a riflessioni sul senso dell’esistenza.
Le lapidi marmoree, non funerarie, portano incise delle epigrafi scritte in francese colto recanti un messaggio spirituale che esorta a riflettere sul vero senso della vita e sul valore del trascendente in attesa della morte. Ecco un esempio:
« . . . EN VIEUX  TU MOURRAS!  A QUI SERONT  TE BIENS? IMPUDIQUE! QUE TE SERVIRONT TES PLAISIRS? IMPITOYABLE! QUI TE FERA MISERICORDE? INSENSIBLE! OU SERA TA DEMEURE ETERNELLE ? »  “Da vecchio tu morirai! A chi andranno i tuoi averi? Impudico! A cosa ti servirannoi tuoi piaceri? Impietoso! Chi ti portera misericordia? Insensibile! Dove sarà la tua dimora eterna?”
Frasi che non possono lasciare indifferenti, anche per il tono di urgenza che vi si coglie. Del tipo: “SVEGLIATI, la tua vita in questa dimensione è a termine. Che senso ha impegnarti così tanto in tutte quelle cose che non ti porterai dietro e che non ti serviranno al momento del trapasso?”
E’ un incitamento inquietante e allo stesso tempo liberatorio, che nulla ha a che fare con un messaggio religioso anche se apparentemente lo può sembrare. Pone degli interrogativi, mentre le religioni al contrario sono pronte a fornirci una serie di soluzioni per pianificare non solo il nostro percorso terreno, ma anche la nostra vita nell’aldilà.
Ecco perché questa Casa delle Lapidi non è stata ricondotta ad un messaggio della chiesa cattolica.
Nel museo inaugurato dal Comune di Cesana e dalla Regione Piemonte nel 2016 si ipotizza che questo edificio fosse un rifugio di eretici. Convento di monaci, romitorio valdese, lazzaretto, le ipotesi sono tante. E’ un dato di fatto che in quell'area vi furono violenti scontri di natura religiosa, tra cattolici e valdesi. Una delle teorie è che l’edificio sia stato costruito dal movimento giansenista, nome che deriva dal suo fondatore Giansenio (forma italianizzata del nome di Cornelius Otto Jansen, 1585-1638), teologo olandese, condannato postumo dall'Inquisizione nel 1641.
Il giansenismo, partito come movimento spirituale, ha infuenzato ben presto anche l’etica, la politica ed è stato ispirazione per pratiche di religiosità popolare, perseguite dall’Inquisizione. Il fenomeno si è manifestato in Francia e in Italia, influenzando anche la politica. La Chiesa cattolica ha condannato la dottrina giansenista bollandola come eretica e vicina al protestantesimo.
La filosofia giansenista appare molto vicina a quella dei Catari, antico movimento spirituale che si è diffuso in molte zone dell’Europa e molto presente anche nel Nord Italia.
In effetti la Casa delle Lapidi  si trova in una zona che era territorio dei Catari.
Le decorazioni incise sulle lapidi riconducono a una scuola particolare che ruota intorno a una figura misteriosa definita il Maestro di Bousson.
Chi era il Maestro di Bousson?
L’ultimo dei Catari?