A riprova di ciò che è ormai entrato nella mentalità
corrente, e cioè che la caccia è una pratica barbara, obsoleta e
anacronistica, il corteo che si è svolto lo scorso 3 giugno a Torino è stata
una ulteriore conferma del profondo sentimento anticaccia che ormai regna
incontrastato nei cittadini di ogni età, cultura, ceto, ideologia politica o
religiosa.

Più di 3mila persone hanno manifestato pacificamente in
corteo nel centro di Torino, provenienti da tutto il Piemonte e da varie parti
d’Italia, per protestare contro l’abolizione del referendum che era stato
fissato proprio per quella data. Un referendum per limitare la caccia in
Piemonte, richiesto 25 anni fa da 60mila persone, lungamente osteggiato e poi
reso inevitabile dalla decisione del TAR, ma all’ultimo momento abolito per
l’abrogazione della legge regionale che il referendum chiedeva di modificare.
Un espediente, un “trucchetto legislativo”, così come lo
definiscono i promotori del referendum. Per dare una risposta tempestiva e un
segnale ai tanti che si sono trovati disorientati dall’annullamento a campagna referendaria già attivata il
Comitato promotore ha organizzato a tempi record, neanche tre settimane, una
manifestazione nazionale di protesta.
E il movimento del SI ha risposto compatto, dimostrando che
il referendum potenzialmente il quorum lo ha già raggiunto, e inevitabilmente
la vittoria è già in pugno.
Insieme ai membri del Comitato, portavo lo
striscione che guidava il corteo con la scritta “Riprendiamoci il referendum e
la democrazia” con i rappresentanti di vari partiri politici e di amministrazioni comunali che intendevano
dare un segnale di sostegno. La manifestazione ha visto anche una grande
partecipazione da parte di tutte le associazioni animaliste e ambientaliste, tra cui SOS Gaia.
Molte sono state le dichiarazioni a sostegno della
manifestazione. Il Presidente Emerito della Corte Costituzionale Gustavo
Zagrebelsky ha fatto giungere al Comitato del Referendum il seguente messaggio:
“Aderisco alla manifestazione del 3 giugno, di
protesta contro il comportamento dell’Amministrazione regionale che ha operato
per vanificare l’iniziativa di tanti cittadini che, da
venticinque anni (venticinque!!!) operano per poter esercitare il diritto al
referendum su temi così importanti come la difesa dell’ambiente e il rispetto
delle forme della vita che ospita e il contrasto della cultura che considera
l’uccisione degli animali uno sport, un passatempo, un divertimento.

Oggi, finalmente, la legittimità di questa iniziativa è stata pienamente riconosciuta
ma è venuto a mancare quel minimo di
cultura democratica che imporrebbe al mondo della politica, di fronte a una
richiesta referendaria, di mettersi da un lato, registrare la
volontà dei cittadini e astenersi da comportamenti ostruzionistici. Evidentemente, c’è chi ritiene che i cittadini siano
marionette e che la presente amministrazione regionale – la cui legittimità è,
come minimo, dubbia – possa manipolarli come meglio ritiene, dando via libera
solo alle iniziative che non danno fastidio. Ma la democrazia è un’altra cosa
e, prima o poi, ce ne dovremo rendere conto tutti. Auguri per la manifestazione
che avete convocato.”
Andrea Zanoni, deputato al Parlamento Europeo per la
Commissione Ambiente, ha dichiarato: “Il successo di questa manifestazione
dimostra che moltissimi cittadini sono molto arrabbiati perchè sono stati
derubati di un diritto importantissimo che è quello di potersi esprimere,
soprattutto per un tema così importante come la tutela degli animali selvatici.
Un referendum sulla caccia dovrebbe essere inutile oggi in Italia, perchè sappiamo
tutti che i cittadini sono contrari all’uccisione degli animali selvatici per
divertimento. Il Parlamento dovrebbe semplicemente approvare una legge che
vieti la caccia. E’ una cosa semplicissima e non costerebbe nulla. Questo però
non avviene perchè purtroppo tutti sappiamo che le lobbies che sostengono la
caccia sono molto forti e che i nostri rappresentanti al Parlamento non
rappresentano più i cittadini, ma rappresentano le lobbies. Ma le
manifestazioni come quella di oggi dimostrano che le cose stanno per cambiare.
Io credo che con la prossima legislatura potremo parlare di referendum
nazionale per abrogare finalmente la caccia in tutta Italia.”

Roberto Piana, promotore storico del referendum, ha
dichiarato: “Il referendum è vivo, c’è ancora. Semplicemente non c’è più la
legge sulla quale votare. Un atto gravissimo e antidemocratico. Nasce dal
Piemonte, da questa piazza e dalle battaglie condotte in questi anni una grande
speranza affinché la caccia venga abolita, non solo nella nostra regione, ma in
Italia e in Europa. Non ha più senso oggi l’attività venatoria.”
Piero Belletti, altro capo storico
del Comitato promotore, che con Roberto Piana porta avanti questa battaglia da
25 anni, ha affermato: “Non molleremo. Siamo più decisi e risoluti che mai ad
andare avanti. Il referendum non è morto, è soltanto stato accantonato, ma ce
lo riprenderemo. Confidiamo molto nella magistratura e ci auguriamo che come è
già successo più volte in passato ci dia nuovamente ragione e imponga ancora
una volta alla Regione di effettuare il referendum”.

La battuta di arresto che il
referendum ha subìto sembra aver dato ancora più forza, nonchè una grande
visibilità nazionale, al movimento che per tutti questi anni ha lottato e che
proprio quando ha quasi raggiunto il traguardo si è visto scippare l’oggetto
della sua battaglia.
Se non fosse un termine inappropriato visto l’argomento, potremmo dire
che ora il movimento “alza il tiro”.
Dice Piana: “Il precedente referendum chiedeva una forte limitazione
della caccia, poichè quando era stato formulato la legge nazionale impediva di
chiedere l’abolizione totale dell’attività venatoria. Nel tempo la situazione è
cambiate: oggi l’articolo 117 della Costituzione stabilisce che la caccia è di
competenza regionale. Pertanto con il prossimo referendum chiederemo
l’abolizione totale della caccia. Il Comitato che ha combattuto per 25 anni è
vivo, è più forte che mai, continuerà la battaglia e siamo sicuri che alla fine
vinceremo.”