lunedì 13 febbraio 2012

San Valentino, una festa per tutti


Eccoci di nuovo al 14 febbraio, e anche quest’anno saranno in molti a chiedersi come e con chi festeggiarlo. Ma chi non ha ancora trovato l’anima gemella, o chi sta aspettando il 15 febbraio per mollare un fidanzato o una fidanzata scomoda, non si angusti: in realtà questa festa in origine non era così discriminante come la conosciamo ora.  La ricorrenza di San Valentino, oggi conosciuta come la festa degli innamorati, deriva da una festa celtica che celebrava l’amore universale, l’amore verso la Natura, verso Madre Terra con tutte le specie che l’abitano. La fratellanza e l’amicizia. Un significato quindi molto più ampio e profondo della concezione attuale.
La festa di San Valentino, celebrata in gran parte del mondo, soprattutto in Europa, nelle Americhe ed in Estremo Oriente, è stata cooptata dalla Chiesa che l’ha sostituita ad una precedente ricorrenza pagana, la festa delle Lupercalia. I Lupercali erano una festività romana che si celebrava in onore del dio Luperco, protettore del bestiame.
Ma è noto che i romani attingevano a piene mani, per i loro riti, simboli e ricorrenze, alla tradizione celtica. E in effetti se vogliamo conoscere il vero significato di questa ricorrenza dobbiamo ricercare nelle sue origini celtiche.
La festa degli innamorati nasce da un popolare rito pagano per la fertilità, che la Chiesa cattolica ha fatto suo. Fin dal quarto secolo a.C. i romani pagani rendevano omaggio, con un singolare rito annuale, al dio Lupercus. I nomi delle donne e degli uomini che adoravano questo Dio venivano messi in un'urna e opportunamente mescolati. Un bambino sceglieva a caso alcune coppie che per un intero anno avrebbero vissuto in intimità affinché il rito della fertilità fosse concluso. Per mettere  fine a questa pratica la Chiesa ha cercato "un santo degli innamorati", identificandolo nel vescovo Valentino, martirizzato circa 200 anni prima.
Il rito celtico tuttavia non si limitava a celebrare la vita, bensì a festeggiare l’unione con tutte le forme di vita e con il pianeta stesso.
Ancora oggi questa festa viene celebrata nella sua accezione originaria dai Popoli autoctoni d’Europa, quelle culture invisibili che hanno conservato le loro tradizioni nonostante le persecuzioni religiose. Oggi in Europa sopravvivono molte comunità tradizionali di culture autoctone che continuano incessantemente a mantenere vive le loro conoscenze tradizionali.
Secondo alcune di queste culture autoctone, la ricorrenza di San Valentino è la Festa dell’Amore Universale, chiamata secondo un antico linguaggio “Shuda Shali”. E' la celebrazione dello Shali, cioè l'amore universale che lega tutta l'esistenza e tutte le forme di vita, senza distinzioni di sorta che possano dividere, ruolizzare o gerarchizzare. Anticamente questo giorno veniva festeggiato con un patto simbolico tra gli uomini, una sorta di dedica di  Pace per tutta l'umanità e verso tutte le altre creature viventi.
Le feste celtiche hanno sempre un risvolto intimista, riferito ad una esperienza interiore. La festa dell’Amore suscitava una sintonia completa verso la natura, che si esprimeva nel concetto di essere “vento nel vento”.
La ricorrenza veniva celebrata innalzando un grande palo guarnito di lunghi nastri colorati e addobbato con fiori multicolori, attorno al quale venivano organizzate grandi danze collettive. Lo stesso palo veniva poi innalzato nuovamente a maggio per la festa celtica di Beltaine.
L’usanza del palo ornato di nastri colorati ha attraversato l’Europa e lo ritroviamo anche nelle valli piemontesi. Ancora oggi in molte feste paesane si innalza l’”albero della cuccagna”, che ricorda l’usanza celtica.
Gli storici Giovanni e Pasquale Milone, nel loro studio relativo alle Valli di Lanzo del 1911, scrivevano: «Una cinquantina d'anni fa in Balme usavasi innalzare presso la cappella della Visitazione una specie di albero della cuccagna, adorno di fiori e di nastri». Da notare che la Madonna della Visitazione nelle Valli di Lanzo è ancora venerata come la Madonna del Vento, Madòna dou vänt.
L’usanza pagana dei pali addobbati è ancora viva a Balangero e a Ceres. A Cantoira, in questo periodo, vi è l’usanza di portare lungo il paese un albero di agrifoglio agghindato con nastri e dolciumi e lasciarlo esposto sino al martedì grasso.
L’usanza è presente anche in Val di Susa: a Giaglione in questo periodo ricorre la Festa degli Spadonari, antichissima usanza celtica in cui viene innalzato il Bran, una struttura in legno a forma di albero, alta circa 2 metri e mezzo, ricoperta di fiori e grappoli d’uva, spighe di grano, con fiocchi e nastri colorati. Il Bran viene poi riutilizzato nella ricorrenza di Beltain, in maggio.
Nella parte nord del Parco La Mandria, in Piemonte, dove sorge il grande cerchio di pietre di Dreamland, anticamente veniva celebrata l’usanza dell’albero agghindato con i nastri colorati. Secondo le testimonianze degli anziani delle comunità celtiche ancora esistenti in zona, un clan celtico conosciuto con il nome di Ramat abitava una zona che dalle attuali cittadine di Fiano e La Cassa si estendeva fino a Robassomero. Secondo le credenze popolari, l'origine di questo clan veniva fatta risalire alla Val di Susa. Si erano spostati dalla loro valle di origine passando attraverso una grotta che si apriva sul fianco del monte Roc Maol (l'attuale Rocciamelone) e raggiungeva le Valli di Lanzo come un lungo tunnel naturale.
Questo clan sarebbe all'origine di una delle "Famiglie Celtiche" ancora oggi esistenti nelle Valli di Lanzo, attraverso un lungo percorso di vicende che vanno dalla conquista della zona da parte dei romani alla scomparsa sanguinosa dei Catari che anch'essi, dopo i Salassi, estendevano la loro presenza in questa area. Sono numerosissime le testimonianze nelle Valli di Lanzo della presenza dei Templari, continuatori della tradizione Catara,  e successivamente dei loro eredi Rosacroce. Non c’è quindi da stupirsi se le antiche usanze celtiche siano continuate fino ai giorni nostri, molte volte mescolate a riti religiosi cristiani.
Secondo la narrazione degli anziani delle "Famiglie Celtiche" delle Valli di Lanzo, in un luogo situato a nord dell'attuale Parco La Mandria, esisteva un grande albero sacro secolare posto al centro di una radura, che era considerato il centro della terra sacra su cui viveva l'antico clan dei Ramat.

Dopo che la Chiesa, con il concilio di Arles, proibì l'adorazione degli alberi, delle fonti e dei megaliti, la celebrazione dei Solstizi e degli Equinozi continuò al riparo della grande foresta di querce che allora ricopriva l'attuale tenuta del Parco La Mandria e che manteneva la sua impenetrabilità anche se in precedenza era stata in gran parte disboscata dai romani.
Per prudenza, l'albero, del resto ormai cancellato dai secoli, in occasioni di questi riti veniva sostituito di volta in volta con un robusto tronco che veniva piantato nel terreno.
Si legavano alla sua cima lunghi nastri colorati che venivano tenuti in mano da uomini e donne che danzavano lentamente. Tra canti e musiche, intorno al palo, i danzatori ballavano in cerchio fino ad intrecciare i nastri, suggerendo la formazione delle coppie e la fortuna dei convenuti.
Dopo la sanguinosa pulizia etnica attuata nel 1200 dalla Chiesa del tempo nei confronti dei Catari che dimoravano nell'area del nord del Piemonte, alcune "Famiglie Celtiche" continuarono a praticare l'antico rito riparati nel folto della grande foresta che ricopriva il luogo sacro da loro utilizzato.
Oggi, nell’area dove anticamente veniva piantato l’albero, sorge un grande Stone Circle, un cerchio di pietre che simboleggia la continuità delle tradizioni autoctone d’Europa.
Tradizioni che celebrano il rispetto per la vita, l’amore per tutte le creature, l’armonia con Madre Terra. Un invito a celebrare San Valentino secondo l’antico significato, godendo della reciproca amicizia e arricchendoci con l’amore che possiamo dare e ricevere, senza esclusioni per nessuno.

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