lunedì 15 agosto 2011

NATIVE


“Se iéu sabiau volar coma la lauseta blanca lonlà lonlà...” Cha b'e sneachda 's an reothadh ò thuath...”  Au ton cuenh qu'as un riban blanc... “Eòrus dous koan’ vel un aelig...” “Mile marush airi a ghol...” ...
No, non sono posseduta, né affetta da una improvvisa crisi di xenoglossìa. Sto semplicemente registrando il nuovo CD del LabGraal, saltellando tra antiche lingue come gaelico, bretone, scottish, occitano. Per niente facile. Ma forse un po’ posseduta lo sono davvero: questo periodo di full immersion al Transeuropa Studios mi fa sentire come se vivessi in bilico tra realtà e sogno. E so che per i miei compagni di avventura è la stessa cosa. Lo studio di registrazione è un mezzo per entrare in contatto con una dimensione creativa da cui peschiamo per la nostra musica; la mia voce diventa uno strumento per lasciar scaturire, come da una sorgente, un antico richiamo.
Siamo chiusi tutti insieme in questo bunker per sfruttare appieno questo momento di calma estiva. 
Mi distolgo solo per fare un giro al supermercato e riempire di cibo l'auto, perchè so che se non li foraggio con vivande e del buon vino, i miei compagni si bloccano in uno sciopero ad oltranza, e soprattutto non oso pensare in che cosa si può trasformare Gianluca se gli manca il cibo.
Quando ci si concentra per giornate intere sulla musica si arriva ad avere stati percettivi un po’ distorti. La dimensione idilliaca attorno allo studio contribuisce a farci sentire in un posto fuori dal mondo: silenzio, solitudine, verde, piscina tutta per noi. L’ideale per un relax tra una incisione e un’altra.
Questo CD sta assumendo una fisionomia tutta sua, e guardandoci indietro, anche questa volta ci sembra di scorgere un copione già scritto in precedenza, di cui noi siamo gli attori inconsapevoli.
A cominciare dal nome. “Native” è un nome scaturito da solo, come naturalmente doveva essere. L’album vuole esprimere la nostra identità nativa, e sollecitare quella di chi lo ascolterà. Ma non solo. Nelle nostre intenzioni, “Native” dovrà esprimere l’identità più tribale e sciamanica della musica celtica. Lo so, è un po’ pretenzioso, ma l’idea è quella.
Già con il CD Dreaming avevamo fatto un salto in un’altra dimensione, oltre i nostri confini. Avevamo realizzato vari album tipicamente celtici, e con Dreaming volevamo esprimere l’esperienza mistica che unisce i Nativi di tutti i continenti. Lo abbiamo fatto insieme con Jida Gulpilil, nativo australiano, con cui abbiamo registrato il CD a Melbourne.  Il pubblico ha apprezzato e capito. “Mother Africa”, registrato con musicisti nativi africani, è stato un ulteriore passo verso una dimensione intimista e magica che rivelava le radici comuni dei Nativi. Un lato mistico della nostra musica che si è evidenziato ancora di più in “The Green Path”, dove il flauto di Giancarlo conduce in un percorso che porta fuori dalla realtà ordinaria.  Poi c’è stato “Shan”, soundtrack dell’omonimo film, in cui abbiamo voluto esprimere il contatto con Madre Terra, anche questo condiviso con i Popoli naturali del pianeta.
Con questo CD torniamo alle origini, nelle nostre terre, dove lo sciamanesimo è un elemento che pervade la cultura dei Nativi europei. Un elemento volutamente nascosto, poichè le cruente repressioni politiche e religiose avvenute in Europa nei confronti della cultura celtica hanno cercato di cancellare le tracce di questa tradizione accanendosi proprio sull’elemento che dava a questa cultura la linfa vitale: l’esperienza sciamanica.
Eppure, nonostante le repressioni in corso da duemila anni, nonostante il continuo tentativo di far finire nell’oblìo le nostre radici ancestrali, lo sciamanesimo, in Europa, non è mai morto e si manifesta ancora oggi in maniera più che evidente. Certo, chi non vuole o non sa vedere perchè ottenebrato dalla cultura imperante, non lo può scorgere. Ma provate a chiedervi che significato hanno tutte quelle feste popolari (ce ne sono a centinaia tutti gli anni) che hanno per protagoniste delle strane figure, a cui danno nomi diversi ma la cui identità è sempre riconducibile allo sciamanesimo. Le “masche”, ad esempio. Identificate come streghe nella cultura disegnata dalla religione, perseguitate e messe al rogo a migliaia al tempo dell’Inquisizione. Figure a cui non si sa attribuire un significato preciso, ma che i ricercatori concordano nell’identificare negli sciamani dell’ “antica religione”. Figure particolari, non solo donne, ma sia uomini che donne, che prima dell’Inquisizione erano rispettate e riconosciute nel ruolo di sciamani che potevano curare il corpo, la mente e lo spirito. Le “masche”, pur se chiamate con nomi diversi, sono le protagoniste di pressoché tutte le celebrazioni popolari dell’Europa, e ne abbiamo vasti esempi nei nostri territori.
E che dire dell’Homo Selvaticus? Anche questa figura la si può trovare nelle leggende, nei balli, nelle ricorrenze di tutta Europa. L’Uomo Selvatico è anch’esso una figura particolare, con molta evidenza riconducibile allo sciamano, un personaggio fuori dalle parti, depositario di un’antica conoscenza, che trae il suo potere dal contatto con Madre Terra.
Sembrano cose d’altri tempi, da relegare nella leggenda, eppure basta alzare un po’ il velo dell’apparenza per ritrovarsi continuamente a contatto con questa realtà leggendaria. Chi la mantiene viva? Come può essere così presente, nonostante i grandi poteri forti la vogliano sopprimere ad ogni costo?
Potremmo anche spingerci oltre, e chiederci come mai una cultura che non ha mai professato la violenza, che ha come riferimento il contatto con la Natura, sia stata e sia ancora così duramente contrastata. E temuta. Che cosa possiamo temere da Madre Terra?  Il contatto con la Natura può far paura allo status quo?
Queste riflessioni apparentemente possono sembrare slegate dalla realizzazione di un CD. Eppure non è così. Il nostro album scaturisce proprio da riflessioni ed esperienze di questo tipo. Vogliamo (e speriamo di riuscire nel nostro intento) esprimere le radici sciamaniche della musica celtica. Quelle radici mai morte, che possono dare un cuore e un senso all’esperienza del Nativo che è in noi.

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