“Se iéu sabiau volar coma la lauseta blanca lonlà lonlà...” “Cha b'e sneachda 's an reothadh ò thuath...” “Au ton cuenh qu'as un riban blanc... ” “Eòrus dous koan’ vel un aelig...” “Mile marush airi a ghol...” ...
No, non sono posseduta, né affetta da una improvvisa crisi di xenoglossìa. Sto semplicemente registrando il nuovo CD del LabGraal, saltellando tra antiche lingue come gaelico, bretone, scottish, occitano. Per niente facile. Ma forse un po’ posseduta lo sono davvero: questo periodo di full immersion al Transeuropa Studios mi fa sentire come se vivessi in bilico tra realtà e sogno. E so che per i miei compagni di avventura è la stessa cosa. Lo studio di registrazione è un mezzo per entrare in contatto con una dimensione creativa da cui peschiamo per la nostra musica; la mia voce diventa uno strumento per lasciar scaturire, come da una sorgente, un antico richiamo.
Mi distolgo solo per fare un giro al supermercato e riempire di cibo l'auto, perchè so che se non li foraggio con vivande e del buon vino, i miei compagni si bloccano in uno sciopero ad oltranza, e soprattutto non oso pensare in che cosa si può trasformare Gianluca se gli manca il cibo.
Quando ci si concentra per giornate intere sulla musica si arriva ad avere stati percettivi un po’ distorti. La dimensione idilliaca attorno allo studio contribuisce a farci sentire in un posto fuori dal mondo: silenzio, solitudine, verde, piscina tutta per noi. L’ideale per un relax tra una incisione e un’altra.
Questo CD sta assumendo una fisionomia tutta sua, e guardandoci indietro, anche questa volta ci sembra di scorgere un copione già scritto in precedenza, di cui noi siamo gli attori inconsapevoli.
A cominciare dal nome. “Native” è un nome scaturito da solo, come naturalmente doveva essere. L’album vuole esprimere la nostra identità nativa, e sollecitare quella di chi lo ascolterà. Ma non solo. Nelle nostre intenzioni, “Native” dovrà esprimere l’identità più tribale e sciamanica della musica celtica. Lo so, è un po’ pretenzioso, ma l’idea è quella.

Con questo CD torniamo alle origini, nelle nostre terre, dove lo sciamanesimo è un elemento che pervade la cultura dei Nativi europei. Un elemento volutamente nascosto, poichè le cruente repressioni politiche e religiose avvenute in Europa nei confronti della cultura celtica hanno cercato di cancellare le tracce di questa tradizione accanendosi proprio sull’elemento che dava a questa cultura la linfa vitale: l’esperienza sciamanica.


Sembrano cose d’altri tempi, da relegare nella leggenda, eppure basta alzare un po’ il velo dell’apparenza per ritrovarsi continuamente a contatto con questa realtà leggendaria. Chi la mantiene viva? Come può essere così presente, nonostante i grandi poteri forti la vogliano sopprimere ad ogni costo?

Queste riflessioni apparentemente possono sembrare slegate dalla realizzazione di un CD. Eppure non è così. Il nostro album scaturisce proprio da riflessioni ed esperienze di questo tipo. Vogliamo (e speriamo di riuscire nel nostro intento) esprimere le radici sciamaniche della musica celtica. Quelle radici mai morte, che possono dare un cuore e un senso all’esperienza del Nativo che è in noi.